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Avanti popolo, alla riscossa!

Per ottenere una buona fotografia del nostro Paese occorre non essere a distanza troppo ravvicinata. Si rischia di avere una visione fatta di dettagli. Provando ad allargare l’obiettivo si può scoprire un universo più largo e più verosimile. E’ quel che è successo al rapporto del Censis e all’inchiesta del New York Times: due scatti sull’Italia che hanno fatto molto discutere. Sentirsi spiegare come le cose non vadano bene e come aumenti la condizione di infelicità diffusa non fa piacere. Non sorprende che politici e pezzi di establishment si siano erti a difesa dell’orgoglio nazionale. Questo nulla toglie alla bontà delle analisi fatte da De Rita e dal giornalista americano. La verità è che – al netto delle numerose e felici eccezioni – lo stato del Paese non è affatto buono. L’economia va male: le aziende manifatturiere chiudono i battenti, gli investitori internazionali scelgono altre e più convenienti mete, gli stessi investitori italiani preferiscono fare shopping di imprese ed asset all’estero, il mercato del lavoro è bloccato da lacci e laccioli, l’inflazione cresce, il potere d’acquisto diminuisce e la situazione dei correntisti ‘normali’ inizia a destare preoccupazioni. Si abbassa la quantità di denaro circolante, aumentano i debiti. Tutto questo in un contesto internazionale assolutamente non positivo. Il Palazzo della politica da parte sua continua a vivere in un magico incanto. Fuori accade di tutto ma nulla sembra turbarlo. Nei giorni del Paese paralizzato dallo sciopero dei Tir, in Parlamento si sentiva discutere solo di legge elettorale. Fuori, le code ai distributori di benzina e ai supermercati. Dentro, le considerazioni sulla bozza Bianco. Mentre tutti dialogano con tutti, si fanno e disfanno Cose più o meno colorate, viene varata una finanziaria devastante. Una manovra senza rigore, senza riforme, senza spirito sociale: l’ennesimo trionfo del partito unico della spesa improduttiva. Qualcuno ha sentito esponenti di maggioranza o di opposizione gridare allo scandalo? Noi no. In cambio, abbiamo visto il solito teatrino degli emendamenti e dei traffici sotto e sopra il banco per accontentare clientele vecchie e nuove. Uno spettacolo nient’affatto edificante che fa il paio con le sentenze della magistratura che hanno per due volte bocciato le azioni del ministro dell’Economia (casi di Angelo Petroni e del generale Speciale). A parte l’evidenza di un ministro del tutto inadeguato, di queste vicende colpisce l’assenza – totale e trasversale – di cura e attenzione per le istituzioni trascinate nel vortice delle polemiche e dei veleni. La tensione etica è come evaporata. Organizzato in community piccoli e grandi è come se il Paese avesse abbandonato l’idea di una politica capace di organizzare la cosa pubblica. E’ deprimente ma come pretendere qualcosa di diverso. Ha ragione De Rita: dobbiamo sperare nel ruolo delle minoranze e nelle responsabilità individuali. Di più: non bisogna arrendersi al crepuscolo della politica. Lo spirito animale evocato dal Presidente della Repubblica ci ha sempre salvato ed è stato quasi sempre tradotto con l’arte di arrangiarsi. Ora, quello spirito animale deve trovare un’altra declinazione. Invece della depressione, una riscossa. Se le cose non vanno bene, non ha senso piangersi addosso: occorre una reazione. La crisi della classe dirigente italiana ha radici profonde e continuerà per ancora molto tempo a manifestare i suoi effetti negativi. Ma la vitalità profonda del Paese non è intaccata. Serve molta informazione e maggiore spirito critico. Dobbiamo privilegiare il confronto con quelle accade fuori dai nostri confini, respingere la tentazione all’autoreferenzialità. Se il futuro ci appartiene, non possiamo arrenderci alla logica di un declino e di un degrado che pure ci sono e non vanno nascosti. Lavoriamo per cambiare.

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