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Allarme carceri: un altro suicidio

È il quinto in un mese: ancora una volta un agente di polizia penitenziaria. Stavolta è accaduto a Ferrara, dove ieri a togliersi la vita è stato un ispettore superiore di Polizia penitenziaria di 47 anni. Trovato impiccato nella sua abitazione. “È ormai una vera e propria emergenza”. È la denuncia di Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo Polizia penitenziaria (Sappe), che in una lettera indirizzata al presidente della Repubblica scrive: “Nell’attuale situazione di incertezza politica, ci rivolgiamo al capo dello Stato Giorgio Napolitano perché valuti un proprio autorevole intervento”.Poi continua in un accorato appello: “Nonostante i nostri gridi di allarme dopo gli episodi di dicembre ci saremmo aspettati una sensibilizzazione sull’argomento da parte delle Autorità istituzionali e politiche del paese, in particolare di quelle con competenze in ordine a giustizia, sicurezza e sanità. Ma non ci risulta essere stato fatto nulla”.“Non serve gridare a facili allarmismi, anche se le cause vanno certamente ricercate nel decadimento di un ambiente di lavoro, come quello carcerario, che certamente non offre alcuna occasione per valorizzare le risorse che impiega – dichiara il segretario Generale dell’Osapp, Leo Beneduci, continuando – Serve, invece, un serio atto di verità da parte di tutti i soggetti istituzionali”. Beneduci spiega l’impegno gravoso del lavoro dell’agente di polizia penitenziario chiamato ad intervenire in ogni situazione che si verifica all’interno delle strutture. Gli educatori esistenti sarebbero solo 600 su 55.000 unità detentive e, lamenta l’Osapp, “si è costretti a controllare, in completa solitudine, 300-400 detenuti: è facile comprendere come sia gravoso agire all’interno di strutture che non garantiscono la dignità, soprattutto per chi vi lavora”Il silenzio mantenuto fino ad ora sulle carceri, dunque, non cela solo la drammatica realtà dei suicidi nella Polizia penitenziaria. Proprio oggi un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Igiene e dell’Istituto di Medicina Interna dell’Università Cattolica di Roma, e dell’Universita’ di Cassino, hanno pubblicato sulla rivista internazionale BMC Infectious Diseases i dati relativi ai penitenziari del sud del Lazio. Questi studiosi hanno condotto un’indagine sulle cartelle cliniche di tutti i carcerati fra il 1995 e il 2000: “la coinfezione fra HIV ed epatite C riguardava il 4% dei casi, quella fra epatite B e C il 18% dei casi e quella fra HIV e epatite B il 3% dei casi”. Giuseppe La Torre, primo autore dell’articolo, spiega che “I risultati sono in piena sintonia con quanto denunciato nei giorni scorsi dalla Società italiana di medicina e sanità penitenziaria, anche se non sono sorprendenti”.La notizia dell’ennesima perdita di vita umana è un ulteriore squarcio nel già sottile equilibrio politico istituzionale del paese. E chissà che non sia proprio questo uno degli ultimi argomenti che farà pendere l’ago della bilancia a favore di imminisnri cambiamenti sullo scenario italiano.

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