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Precario Prodi

Che il Governo sia arrivato al capolinea è un dato di fatto. Prolungare o meno l’agonia: cosa importa? Dai quotidiani esteri il risultato di questo che ormai sembra un “totovoto” è dato per scontato. Il quotidiano francese Liberation commenta la crisi: “Al bordo del precipizio da molti mesi Romano Prodi è perso nel vuoto. Praticamente non ha più la maggioranza e domani dovrà affrontare un voto di fiducia in Senato”. L’analisi d’oltralpe lega l’accellerazione dell’ennesima crisi alle critiche al governo da parte delle forze cattoliche, della Chiesa. Il direttore di Liberation aggiunge: “Sulla carta solo i sette senatori a vita appaiono in grado di offrire una parvenza di maggioranza al governo”.

E così arriva l’intervista al Corriere della Sera di Oscar Luigi Scalfaro: “Certo che ci sarò. E’ certo che votero’ la fiducia a Prodi”. Continuando “Sul piano costituzionale il problema non si pone. Nessuno, a partrire dal Capo dello Stato, può fare distinzione tra voto dei senatori eletti e voto dei senatori di diritto. Certo il problema si porrebbe sul piano politico nel senso che un risultato del genere costituirebbe un indiscutibile certificazione di debolezza e di tensioni”.

Ma la Francia non è l’unica a commentare: tutto il mondo guarda incredulo e sbigottito.

“Precario Prodi”. Sembra uno scherzo del destino per un politico che aveva fatto tante promesse ai giovani e invece ora si ritrova a dover fare i conti con quel che significa non sapere se si riuscirà ad arrivare a fine mese. Sintomatico, si potrebbe dire. Ed è certamente quel che pensa il Financial Times che appunto con “Precario Prodi” ha fatto il titolo per l’edizione europea di oggi. “L’ultima cosa di cui l’Italia ha bisogno ora – si legge nel quotidiano britannico – sono altre elezioni senza una nuova legge”. E poi nell’articolo ci si chiede come potrà sopravvivere un Paese senza un “governo nelle sue piene funzioni durante un periodo di turbolenze economiche”. Siamo osservati con curiosità mentre ci aggrovigliamo in beghe di superficie, sullo sfondo di “un sistema elettorale che non è nè cotto nè crudo e che con tutta probabilità produrrà un altro caleidoscopio di litigiosi partiti politici”.



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