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Blair sotto accusa: tangenti ai sauditi

“Quando era premier, il signor Blair ha superato i limiti di ciò che è lecito”. Oggi si aprono così le prime pagine di The Guardian e The Independent. Si tratta di un vero e proprio insabbiamento dell’inchiesta sulle presunte tangenti versate dalla British Aerospace (Bae) ai sauditi, che Blair avrebbe giustificato con il bene della nazione. Al centro della questione ci sarebbe l’accordo soprannominato “Al-Yamamh”, concluso nel 1985 tra Bae e sauditi. Oggetto di questo accordo: la fornitura di 120 caccia bombardieri Tornado, Hawk ed altri mezzi alle forze armate saudite, dietro corrispettivo di 43 miliardi di sterline (circa 57 miliardi di euro).

Secondo i documenti dell’Alta corte di Giustizia, nel dicembre 2006 Blair avrebbe chiesto al “Serious Fraud Office” (Sfo), l’ufficio anti frode, di aiutarlo a gettare la vicenda nel dimenticatoio, chiedendo di bloccare le indagini, o ci sarebbe stato il rischio di nuovi attentati terroristici a Londra.

Dunque, Blair sarebbe stato costretto a fare questa richiesta, sotto la pressione della minaccia del governo saudita che, in caso contrario, avrebbe facilitato i terroristi nel “compito di attaccare Londra sino a quando non fossero state bloccate le indagini”.

Ma chi era la fonte della minaccia nazionale? Secondo ciò che è emerso nell’udienza di ieri, l’autore del ricatto sarebbe il principe saudita Bandar, capo del Consiglio per la sicurezza nazionale e figlio dell’erede al trono, che per venti anni è stato ambasciatore negli Stati Uniti. Come un vero “intermediario finanziario”, Bandar è accusato di aver ricevuto dalla Bae una tangente da un miliardo di sterline, come compenso per aver favorito l’accordo. E nel dicembre del 2006 Bandar si sarebbe recato a Londra per informare che il governo saudita non avrebbe più condiviso con i servizi segreti britannici “le informazioni sui terroristi” di cui erano in possesso. Sfo acconsentì alle richieste di Blair, pur sapendo che erano in corso delle indagini dal 2004.

Queste indagini si sono intrecciate con quelle svizzere. Anche in Svizzera, infatti, è stata aperta un’inchiesta per “riciclaggio di denaro sporci” perché i proventi di questo accordo illecito sarebbero stati fatti migrare dalla Gran Bretagna al paese elvetico. Ma non è l’unica. Anche negli Stati Uniti si inizia ad indagare. Il fatto che Bandar sia stato ambasciatore in America ha aperto l’ipotesi che il caso britannico sia solo la punta di un iceberg. Ed in gioco c’è la credibilità di parecchie nazioni.

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