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Grillo ricorre alla Corte costituzionale

“Ho deciso di fare un esposto alla Corte Costituzionale perché dichiari incostituzionale la legge “porcata” e la faccia decadere”. Beppe Grillo non si arrende. Dal suo blog ieri è spuntata l’ultima iniziativa: il comico genovese si è andato a rileggere bene la Costituzione della Repubblica italiana ed ha trovato molto interessanti gli articoli 134 e 136.

Dopo averli riportati sul suo diario on line ha dichiarato: “La Corte ha due mesi per decidere prima delle elezioni. Se dichiarerà la legge incostituzionale si potrà votare comunque con la legge precedente o spostare il voto dopo il referendum, indetto per maggio e subito annullato con una mossa da bari di professione”.

Effettivamente l’articolo 134 del documento recita: “La Corte Costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni”. Mentre, all’articolo 136: “Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale a norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”.

A scatenare questa nuova mossa è stato un mix di analisi della situazione politica attuale, riletta alla luce di altri “dettami costituzionali”. Beppe Grillo fa riferimento alla sovranità del popolo contenuta nel 1° articolo, e alle caratteristiche del voto contenute nell’articolo 48, e cioè “personale ed eguale, libero e segreto”, che “non può essere limitato”. Grillo ha ripensato alla legge elettorale. Quella stessa legge che il suo stesso autore leghista non esitò a definire “porcata” di fronte a milioni di spettatori sintonizzati su canale5 per vedere “Matrix”. Nel 2006, con  la firma di quell’atto, Calderoli spazzò via la scelta della preferenza diretta, che gli italiani avevano espresso anni addietro con un referendum.

“Una legge incostituzionale – scrive Grillo – Non si può andare alle elezioni con questa legge, il risultato sarebbe illegittimo, impedire la scelta diretta del candidato limita il diritto di voto, aver cancellato il referendum ha tolto ogni sovranità al popolo”.

Ora la decisione passa alla Corte Costituzionale.

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