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Libertà di stampa: condannata a morte

Secondo il quotidiano britannico “The Independent” Sayed Pervez Kambaksh, studente e giornalista 23enne condannato a morte in Afghanistan, non sarà giustiziato. “Non temo per la sua vita. Sono sicuro che il sistema della giustizia afghana troverà la strada migliore per evitare la sentenza” ha dichiarato Najib Manalai, alto funzionario del ministero della cultura che ha il compito di arbitrare i casi contestati di libertà di stampa nel paese. Manalai sostiene la “salvezza” di Sayed dal patibolo, pur condannando il gesto del giovane: “Ha provocato guai. Ha insultato il profeta dell’Islam. Questa è una delle offese più grandi che potesse fare. Per la legge afghana è un’offesa capitale e la legge islamica prevede la pena di morte”. Un sospiro di sollievo a metà. Sayed era stato condannato la scorsa settimana da un tribunale islamico perché colpevole di aver scaricato da internet (e distribuito nella sua università) un articolo “contrario all’Islam”. In realtà l’articolo non faceva altro che illustrare la tesi per cui il Corano non prescrive in alcuna parte la superiorità dell’uomo sulla donna. L’occidente ha reagito duramente alla notizia della condanna del ragazzo. L’Independent aveva lanciato un appello al mondo intero per fermare l’esecuzione della condanna con una raccolta firme. E sono state 63,000 le persone che hanno risposto. L’Unione Europea era stata tra i primi a manifestare sconcerto e preoccupazione per un episodio che mostrava tutta la debolezza della tutela della libertà dell’informazione in Afghanistan. E proprio l’Ue si era interrogata sull’opportunità o meno di continuare ad investire milioni di euro l’anno per progetti a sostegno della libertà di stampa. “Ogni paese ha i propri limiti alla libertà. In Afghanistan le nostre limitazioni di libertà di parola sono insite nella struttura della Sharia” ha dichiarato Manalai, aggiungendo che queste restrizioni operanti in Afghanistan sono paragonabili a quelle in Europa che riguardano la negazione dell’Olocausto. “Il popolo europeo ha il diritto di proteggere le proprie opinioni riguardo a idee che possono essere pericolose per la propria civiltà. Noi abbiamo le stesse condizioni” – conclude Manalai – “Noi abbiamo la Sharia”.

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