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L’analisi. Ahmadinejad in Iraq

Senza precedenti nella storia moderna della regione, la visita, il 2 e 3 marzo scorso a Bagdad di Mahmoud Ahmadinejad sarebbe stata impossibile senza l´invasione Usa dell´Iraq nel 2003 e la fine della dittatura baathista, laica e quasi geneticamente “antipersiana”, del nazionalista arabo Saddam Hussein. Secondo il politologo americano Vali Nasr, “la guerra irachena ha cambiato, per la prima volta nella storia dell´Islam, i rapporti di forza tra sciiti e sunniti”. L´Iraq è diventato il primo paese sciita nella storia del mondo arabo. Da ciò una situazione paradossale. Nessuno dei tradizionali alleati degli Usa nella regione ha appoggiato il nuovo Iraq. L´Iran sciita invece lo sostiene. Ufficialmente Teheran e Washington sono nemici. Eppure l´Iran è stato il primo paese a riconoscere l´esecutivo di Badgad dopo le elezioni del dicembre 2005 volute dagli Stati Uniti ma impossibili senza la benevolenza iraniana. Al contrario gli amici sunniti degli Usa – Arabia saudita, Giordania ed Egitto – sono profondamente costernati dalle conseguenze della politica irachena dell´amministrazione americana e, nonostante la svolta del generale Petreaus, ancora non la sostengono completamente.
 
L´Iran influisce su quanto avviene a Bagdad? La risposta, radicata com´è nella storia della regione e nella sua attualità, non può che essere multipla. Vista nel recente contesto storico la politica iraniana verso il suo “estero vicino”, è incomprensibile senza l´esperienza della guerra con l´Iraq. Al centro della strategia di Teheran vi è la convinzione che non si debba permettere più che il paese vicino possa costituire di nuovo una minaccia militare come negli anni ottanta. Una questione su cui nessun governante iraniano sarà mai disposto a transigere.
 
Dal punto di vista dell´attualità regionale, l´Iran persegue obiettivi religiosi, politici, di potenza e militari.Teheran pur ritenendosi la capitale politica e spirituale del mondo sciita, ma non è mai riuscita a imporsi come il luogo sacro dello sciismo globale. Ciò poiché i maggiori centri spirituali, Nadjaf e l´insieme dei seminari religiosi, Kerbala dove l´immaginario sciita produce i suoi simboli di martirio, e Koufa dove riapparirà l´imam nascosto al momento della palingenesi, si trovano in Iraq.
 
La volontà dei religiosi iraniani e di altri capi religiosi sciiti nel mondo di avere voce in capitolo riguardo i luoghi santi sciiti in Iraq, sarà possibile solo se la repubblica islamica d´Iran conquista prestigio politico e legittimità teologica.
 
Altrettanto importante è il fattore geopolitico. Da quando, nel 1920, l´Iran si è annesso la regione petrolifera del Khuzestan, situata ai confini con l´Iraq e popolata in maggioranza da arabi, questa svolge un ruolo importante nell´economia irachena ma è anche fonte di inquietudine per Teheran. Il Khuzestan non manca di affermare le proprie peculiarità etnico-culturale. Il particolarismo della provincia non è mai scomparso, anche se a volte le rivendicazioni d´autonomia perdono di intensità.
 
Le relazioni tra le tribù arabe del sud dell´Iraq e quelle del Khuzistan, parlano la stessa lingua, sono molto forti. Teheran teme che una stabilizzazione incerta dell´Iraq – un sistema federale debole o una forte decentralizzazione – incoraggi le rivendicazioni degli arabi iraniani  e di altri gruppi etnici minoritari (curdi, azeri, balasci, turkmeni ect.). Questo spiega i diversi viaggi fatti nella regione dai responsabili iraniani, tra cui anche l´ayatollah Ali Khamenei. Nel febbraio 2006 la guida suprema ha tenuto un vibrante discorso, in arabo, in Khuzistan, lodando il patriottismo iraniano della popolazione araba locale. Un sud federale dell´Iraq – dove dominano gli sciiti – senza una forte influenza iraniana non sarebbe una buona soluzione per Teheran.
 
Altrettanto importante è il ruolo regionale della repubblica islamica. Da potenza protetta e riconosciuta dell´Occidente, con la rivoluzione khomeinista l´Iran è diventato uno Stato canaglia. Teheran osserva con inquietudine il modo in cui da qualche anno gli Stati Uniti accerchiano il paese. Washington si trova  in Afghanistan, le frontiere orientali iraniani. In Iraq, frontiere occidentali di Teheran, e coltiva alleanze strategiche con la Turchia e il Pakistan. Incapace di far fronte militarmente agli americani, l´Iran ha scelto di contenere gli Usa attraverso il sud dell´Iraq, la parte sciita del paese. In grado di complicare o facilitare, aiutando la ricostruzione del paese, il compito americano, la repubblica islamica è comunque un fattore ineludibile per l´avvenire della regione.
Per tornare potenza regionale Teheran cerca di “scambiare” la normalizzazione con un Iraq sotto tutela sciita, contro l´eventuale bomba nucleare. Un´eventualità che fino a poco tempo fa nessuno negli Usa, democratico o repubblicano, poteva accettare.
 
Sull´opportunità di un dialogo con Teheran, al di la dell´Atlantico le opinioni divergono. Anche Washington comincia a capire che è impossibile mettere all´opera una strategia fattibile contro l´Iran senza prima stabilizzare l´Iraq. Del resto è impossibile stabilizzare l´Iraq, nel senso voluto dall´amministrazione Bush, senza aver prima regolato i conti con l´Iran. Nel 2003 era l´Iran a vedersi accerchiato dagli americani. Oggi al contrario sono gli americani a sentirsi “accerchiati” dall´Iran. Una soluzione militare, attacchi aerei, contro l´Iran per impedirgli progressi nel suo progetto nucleare, è concepibile solo in caso di un ritiro significativo delle truppe americane in Iraq. Fino a quando l´America resterà impelagata in Iraq, l´Iran sarà al riparo da ogni minaccia credibile.
 
Una parte dell´elite iraniana vuole però il dialogo e una soluzione di compromesso con Washington. Solo così Teheran potrebbe essere certa che i propri interessi strategici e nazionali avrebbero un riconoscimento certo e duraturo nel tempo. Ovviamente ciò legittimerebbe i vantaggi che Teheran è stata in grado di conquistarsi dall´inizio della guerra in Iraq.                   


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