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L’editoriale. Tremonti e l’inganno globale

 
di Paolo Messa
 
Non è un caso che il nuovo libro di Giulio Tremonti sia diventato immediatamente l´unico argomento di dibattito politico e culturale in una campagna elettorale misera di contenuti. “La paura e le speranza” (ed. Mondadori) rappresenta un capovolgimento delle tradizionali categorie con le quali ci si è abituati a distinguere la destra (pro mercato) e la sinistra (pro Stato). In realtà, il liberalismo e l´ideologia del libero mercato si sono affermati in questi anni così profondamente nelle culture politiche italiane da pervadere i programmi e gli slogan di quasi tutti i partiti. Il fatto che il più importante esperto di economia del partito che per primo ha sdoganato il concetto di Libertà oggi scriva di protezione ha lasciato in tanti perplessi. E infatti si è scatenato un dibattito, a tratti surreale, imperniato sulla dicotomia concorrenza/protezione. Una dicotomia che sta tutta nei commenti, assai meno nel libro.
 
Le oltre cento pagine di ragionamento di quello che Berlusconi ha indicato come il prossimo ministro dell´Economia sono ben scritte e meritano di essere lette. Il pensiero di Tremonti se fa scandalo in Italia, è pienamente in linea con il mood culturale che si respira nelle analisi di premi Nobel come Sen, Stiglitz e Phelps o di economisti come Jean Paul Fitoussi. Gli scenari nuovi della globalizzazione costringono a rivedere tutte le teorie che hanno dominato la fine del ´900. Non si tratta più di ragionare della sola Italia o dell´Europa, ma di un mondo sempre più interdipendente. La crisi dei mutui subprime, l´ascesa dei fondi sovrani, la cattiva finanziarizzazione dell´Occidente, la concentrazione delle risorse energetiche, la crescita dei consumi in Asia e in Africa, le nuove politiche commerciali di Russia, India e Cina: tutto questo determina conseguenze dirette nella nostra vita quotidiana e, chiunque abbia responsabilità di governo dei processi, non può ignorarlo.
 
Tremonti non si limita all´analisi e alla constatazione di tutti i limiti e le distorsioni di questa globalizzazione (la paura). Il suo è un appello forte alla politica perchè riprenda le fila del futuro (la speranza). E´ qui che volume prende la piega ancora più interessante. Emerge forte l´idea di un´Europa più rappresentativa e meno burocratica, di uno Stato meno invasivo ma più forte, di un terzo settore, no profit, che diventa soggetto centrale di un welfare che non può essere delegato nell´alternativa secca pubblico/privato. Queste tesi sono condite da proposte e provocazioni che possono, ovviamente, non essere condivise. Quel che colpisce però è che le critiche al libro appaiono, dopo averlo letto, del tutto inconsistenti. Per l´Europa il tema della concorrenza per la rete energetica va affrontato guardando Snam Rete Gas o Gazprom? La differenza fra Tremonti e i suoi critici sta tutta qui.
 
D´altra parte, ruolo dello Stato, protezionismo, concorrenza sono argomenti che alimentano in Europa e negli Usa un dibattito per niente superficiale o scontato. E´ evidente che chi ha, o ha avuto, responsabilità politiche non possa e non debba cedere alla paura, nè è pensabile che sia questo il caso di Tremonti. Allo stesso modo, non si può continuare a far finta che molti dei re che abbiamo venerato in questi anni non siano nudi. Compreso quello del liberismo duro e puro. In Gran Bretagna, Gordon Brown nazionalizza la Nothern Rock, la banca travolta dalla crisi dei subprime. Il modello non può essere quello ma come affrontare l´avanzata dei fondi sovrani cinesi, arabi e asiatici? Se Paesi come Francia, Germania e Spagna incoraggiano i loro campioni nazionali e non rinunciano ai loro asset, perchè in Italia dovremmo far finta di niente e dopo aver professato le virtù del socialismo reale dovremmo sostenere la causa di un mercatismo irreale? Quella che forse un po´ frettolosamente viene indicata da alcuni come ´tentazione protezionista´ merita una considerazione maggiore e un dibattito meno ideologico.
(da Il Messaggero del 21/03/2008)
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