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Prove di dialogo

La crisi Tibet-Cina potrebbe trovare uno spiraglio di luce nelle prossime ore. Il Dalai Lama, infatti, si è detto pronto ad incontrare il presidente cinese Hu Jintao. La guida spirituale tibetana ha però posto una condizione: la sussistenza di “indicazioni concrete” sulla volontà di Pechino di dialogare.
La decisione arriva come risposta a quanto dichiarato due giorni fa dal presidente cinese che si è detto disposto al dialogo con il Dalai Lama a condizione che i monaci ponessero immediatamente fine alla ribellione e che non fosse messa in discussione l´indipendenza della regione tibetana.
Ancora è incerta la reale possibilità di un incontro tra i due leader. La chiave di volta potrebbe essere il viaggio di maggio del Dalai Lama in Gran Bretagna, dove è previstoil meeting con  il principe Carlo d´Inghilterra e il premier britannico, Gordon Brown.
Nei giorni scorsi i violenti scontri tra i tibetani e la polizia cinese hanno aumentato il numero delle vittime. Per il Dalai Lama le autorità cinesi con la repressione della rivolta hanno causato la morte di centinaia di persone e più di 800 arresti. Ma la Repubblica popolare cinese non concorda su queste cifre continuando la linea dura anche contro le manifestazioni pro Tibet e inviando nella regione autonoma centinaia di camion e migliaia di soldati. Nella giornata di ieri ci sono stati altri 24 arresti per aver “minacciato la sicurezza nazionale, distrutto, saccheggiato, provocato incendi dolosi” durante i disordini di Lhasa. 170 persone invece si sarebbero consegnate “spontaneamente” alle autorità cinesi. Il governo cinese, nel frattempo, ha espulso Georg Blume e Kristin Kupfer, gli ultimi due corrispondenti stranieri presenti in Tibet.


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