Sorprendenti i risultati. Non manca nessuno: dal vip all’assassino ci sono proprio tutti, con i loro redditi risalenti al 2005. Almeno così dicono i principali quotidiani italiani, visto che il link è fuori uso. Cosa sarà capitato al povero sito dell’Agenzia delle entrate? Inondato di accessi o bloccato? Solo nelle prossime ore si potranno sciogliere queste incertezze. Intanto, se è vero – e noi di certo non stiamo qui a screditare l’autorevolezza dei nostri colleghi giornalisti – che con un click si può conoscere il reddito di tutti gli italiani, forse non ci si dovrebbe tanto concentrare, per quanto sociologicamente rilevante, sul fatto che Beppe Grillo e Benigni si contendono il primato da “riccone”, ma magari sulla opportunità o meno di una pubblicazione di questo tipo, nei confronti di tutti i cittadini.
Più precisamente, ora è possibile curiosare su: la categoria prevalente di reddito, l´ammontare del reddito imponibile, l´imposta netta e l´ammontare del reddito d´impresa.
Il Garante ha dato l’ok. Perciò si presuppone che non vi sia un conflitto con la tutela della privacy del cittadino. C’è chi già grida allo scandalo, di fronte ad una “palese lesione dei dati sensibili”. Attenzione: prima di parlare, cercare di capire. Che cosa è il dato sensibile?
Nel nostro ordinamento giuridico per “dati sensibili” si intendono quei dati “personali idonei a rivelare l´origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l´adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.
Dunque, bisogna scartare l’idea di lesione dei dati sensibili. E se per le grandi o piccole aziende “la massa popolare” grida “È giusto!”, certo, però, per il singolo il fastidio di una grossa invasione nella sfera privata personale rimane. E allora? Come è stato possibile che il Garante abbia potuto permetterlo?
La parola agli esperti.