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I Balcani e le colpe dell’Ue

Macedonia, Bosnia Erzegovina e i tumulti in Serbia sono lo specchio del momento non felice di quest’area. Molti analisti descrivono questi avvenimenti come semplici incidenti di percorso, mentre per molti altri sembrano più che altro prova dello stato di incertezza provocato dall’Unione Europea. 
 
Per il Kosovo, ad esempio, gli Stati confinanti hanno riconosciuto ben presto l’indipendenza (dato che temporeggiare avrebbe forse creato loro problemi), come i disordini in Serbia erano pressoché scontati. Diversa invece è stata la spaccatura formatasi fra i 27 membri dell’Ue, assolutamente non preventivata. Bruxelles per adesso minimizza condannando solo i disordini, ma le difficoltà (come sappiamo) sono ben altre: fare in modo che Belgrado accetti la perdita del Kosovo evitando che il piccolo Stato faccia nascere istituzioni “troppo” parallele ed il dualismo che deriva dal protettorato europeo su Pristina. Le parole di Bruxelles servono a poco per il momento e la contraddizione fra la missione denominata Eulex, voluta dalla Ue a favore del Kosovo (senza fondamento nel diritto internazionale), contrapposta alla missione per l’amministrazione provvisoria della provincia Kosovara approvata dall’Onu, sta diventando difficile da gestire. 
 
Intanto in Macedonia cresce la crisi, il paese è stanco di essere eterno candidato e sta storcendo il naso rispetto alle pretese dell’Unione Europea che, ogni giorno che passa, si fanno sempre più invasive. In politica interna invece le criticità fra i partiti macedoni e quelli albanesi stanno aumentando provocando per forza disordini sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista economico. La Grecia inoltre (in molti dicono manovrata dalla Russia) vorrebbe evitare che la Macedonia mantenga il suo nome minacciando di mettere un veto di entrata nella Nato. L’Europa in tutto questo sta a guardare, ignara forse della polveriera che rischia di esplodere da un momento all’altro.  
Ma la più grande minaccia per la stabilità nei Balcani rimane la crisi della Bosnia Erzigovina. Uno stato ormai senza vita e con una economia ferma. Le istituzioni litigano fra loro ed il processo di avvicinamento alla Ue è fermo ormai da tempo. Serbi e Croati non riescono ad intendersi e per fermare una tale disgregazione e la comunità internazionale è ricorsa ai vecchi metodi, usando gli accordi di Dayton1, ma evitando di trovare una soluzione duratura nel tempo e molto più equa. 
 
Più l’Europa eviterà di prendere posizione e risolvere questi problemi, più l’unità rimarrà un’utopia, con Paesi confinanti non ammessi e scontenti, con il rischio di rendere la stabilità una vera e propria chimera. 
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