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In prigione per aver denunciato la verità

La Prima Corte Intermedia di Pechino ha stabilito la reclusione per almeno tre anni e mezzo di uno dei maggiori oppositori alla politica del governo. L’accusa è “istigazione a sovvertire i poteri dello Stato”. La reazione internazionale è stata dura e non si è fatta attendere a lungo.
Hu Jia, attivista cinese di 34 anni, era stato portato in carcere lo scorso dicembre dopo aver trascorso 200 giorni agli arresti domiciliari. Qui il video pubblicato da The Guardian che testimonia le pressioni che negli ultimi mesi il governo aveva esercitato sull´uomo.
Stati Uniti hanno immediatamente criticato la scelta del governo cinese e l’Unione Europea ha già richiesto la scarcerazione immediata di Hu Jia, un “dissidente” che ha apertamente criticato l’atteggiamento della Cina sul piano dei diritti umani, a sostegno dei malati di Aids nelle aree rurali e soprattutto in appoggio all’autodeterminazione del popolo tibetano. Agli arresti nella propria abitazione rimangono la moglie di Hu, Zeng Jinyan, e la loro figlia. Le autorità cinesi le hanno isolate: addirittura i fili del telefono della casa sono stati tagliati.
Prima di esser privato della sua libertà personale, Hu si era distinto per aver denunciato pubblicamente gli abusi della Repubblica Popolare Cinese e di aver fornito informazioni alla stampa internazionale.
Gruppi di attivisti per i diritti umani stanno cercando in queste ore di far pressione sulla Commissione olimpica internazionale – attualmente in Beijing per ultimare l’organizzazione dei giochi di Agosto – per porre in risalto l’evidente repressione a danno di numerosi attivisti. Tutto nascerebbe dalla convinzione che la sentenza di Hu rifletterebbe una sistematica intensificazione dei controlli proprio a ridosso delle Olimpiadi, non essendo la prima, ma già la terza in appena due mesi. Due settimane fa, infatti, Yang Chunlin, un ex contadino di 52 anni, è stato condannato a cinque anni di reclusione per aver promosso una petizione  dal titolo “Vogliamo i diritti umani, non l´Olimpiade”, riuscendo a raccogliere diecimila firme.
“Non possiamo accettare certe accuse” ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri della Repubblica Popolare, Jiang Yu, continuando: “La Cina è un Paese dove vige lo stato di diritto. Non possiamo fermare l´applicazione della legge a causa dell´Olimpiade”.

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