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Nojoud squarcia il velo

“Non possiamo fare niente. Se vuoi vai in tribunale da sola”. E Nojoud, stanca degli abusi e delle violenze,  c’è andata. Ad aiutarla non c’era né la madre né le zie. Risultato: suo marito e suo padre ora si trovano dietro le sbarre.
È accaduto nello Yemen: Nojoud Muhammed Nasser. Non si tratta di una donna, ma di una bambina di 8 anni. Due mesi fa il padre l’aveva data in sposa al trentenne Faez Ali Thamer. “Mio padre mi ha picchiato e mi ha detto che dovevo sposare quest’uomo. Lui mi ha fatto brutte cose, io non avevo idea di cosa fosse il matrimonio. Correvo da una stanza all’altra per sfuggirgli, ma alla fine mi prendeva, mi picchiava e poi continuava a fare ciò che voleva. Ho pianto così tanto, ma nessuno mi ascoltava. Ho supplicato mia madre, mio padre, mia zia di aiutarmi a divorziare”. Nessuno l’ha aiutata. La piccola, perché è di questo che si tratta, lascia a bocca aperta il mondo intero.
Nojoud non lo sa, ma con la sua innocenza, ha alimentato la speranza in milioni di donne. La rivoluzione culturale, quella vera, può nascere solo dall’interno di un contesto. L’imposizione non è cambiamento. Dal basso dei suoi 8 anni il suo gesto è stato più potente di tutta la miriade – comunque importante e fondamentale – di diritti enunciati nelle dichiarazioni e convenzioni internazionali.
Una nuova eroina. Forse era questo ciò di cui si aveva bisogno. Lo Yemen è tristemente conosciuto per il suo radicalismo musulmano. Qui le “spose-bambine” sono più del 50%, per quanto la legge fissi l’età per contrarre matrimonio a 15 anni.
Per Nojoud la guerra per la sua libertà non è ancora finita. Il padre è già stato rilasciato e la possibilità di divorzio si preannuncia tutt’altro che facile. Ma ciò che conta è questo inaspettato gesto di ribellione, a conferma che sperare nel cambiamento non è sogno né utopia. Nojoud ha dimostrato che è possibile.
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