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Tsunami editoriale

Come un’ondata che schiantandosi sulle aree storiche, ma non solide, le travolge, le distrugge e le risucchia nel profondo buio oceanico.
Lo tsunami elettorale non ha fatto scomparire solamente alcune delle rappresentanze storiche parlamentari, trasformandole – come titolava Il Manifesto con la sua consueta ironia il day after alle elezioni – in extra parlamentari. Per i quotidiani che da sempre hanno dimostrato d’esser organi di partito, espressione cartacea di una ben definita area, si profila una grossa crisi. Infatti queste testate hanno sempre potuto godere della protezione dei finanziamenti pubblici, garantiti dallo Stato all’editoria.
Quasi come sotto il colpo di una bacchetta magica, il voto di milioni di italiani spinge sull’orlo della dissolvenza quotidiani come Liberazione (che percepiva 3,7 milioni di euro), Il Secolo d’Italia (3 milioni di euro), Europa (3,2 milioni di euro). Senza dimenticare Il Campanile, già “squalificato” nella corsa ai contributi con l’uscita di Mastella, e L’Avanti.
Non correrà questo rischio l’Unità che ha vinto la sfida contro Europa nella scelta su chi dovesse godere del contributo di 6,8 milioni di euro in qualità di organo di partito del Pd. Tira un sospiro di sollievo anche La Padania che continuerà a beneficiare dei consueti 4 milioni di euro.
Per tutti gli altri si profilano tempi duri. La crisi è in agguato. Anzi, certa. A ben vedere, tuttavia, il trend ha origine molto prima. Già due anni fa, internet e le free press – in Italia, come nel resto del mondo – hanno dato una sonora sferzata ai colossi che traevano la propria linfa dai contributi pubblici. Questi ora dovranno affondare le proprie radici in altri terreni. Pena la loro estinzione. O si adegueranno al sistema che regola il mercato e in cui la pubblicità fa da reginetta, o diventeranno fragili gusci vuoti pronti a sgretolarsi alla prima gelida ventata autunnale.
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