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Violenza da Arena

Le premesse c’erano tutte. Verona non ha mai brillato, soprattutto negli ultimi mesi, in materie come l’intercultura, la tolleranza, il dialogo.
Che non l’abbiano a male coloro che abitano la città di Romeo e Giulietta. Già nella scorsa estate i muri del suo centro storico erano stati invasi di scritte che incitavano all’odio e alla violenza verso tutto ciò che è “altro”, diverso.
Testimone io, in veste di cronista alle prime armi, che mi stupivo nello scoprire come, lungo le intricate ed antiche mura scaligere, con un semplice spray nero, fossero stati tracciati cognomi di famosi e spietati nazisti (già condannati per atroci crimini contro l’umanità) accompagnati da parole come “eroe”.
Nelle ultime ore si scopre che probabilmente i ventenni che hanno massacrato Nicola Tommasoli potrebbero non solo appartenere a gruppi neonazisti, ma anche essere legati dalla passione “estrema” per l’Hellas. Anche in questo caso, che gli ultrà dell’Hellas non fossero sinonimo di democrazia non è un segreto. E, anche stavolta, non se la prendano a male i sostenitori della squadra veronese che hanno sempre manifestato pacificamente l’amore calcistico negli stadi. E non prendiamoci in giro. Inutile rispondere: “Esagerata!”. Perché, parlando proprio con moderati sostenitori della squadra, nessuno – dotato di onestà intellettuale – hai mai osato obiettare l’evidente violenza (fisica, scritta e verbale) delle frange più estreme di questa tifoseria.
Non c’è da prendersela con Flavio Tosi, il giovane sindaco leghista che con una serie di provvedimenti ad hoc ha fatto discutere tutta Italia e gran parte d’Europa. Lui potrebbe rispondere che per “rimettere ordine” è necessario adottare provvedimenti rigidi. E come dargli torto? Certo, però, la repressione non può essere l’unica soluzione. E in questi casi può falsamente rappresentare – nelle distorti menti malate – la legittimazione di atti criminali. A Verona servono anche altri segnali.
Con un sorriso amaro è difficile dimenticare l’intolleranza verso i “terroni” (anche questi considerati alieni) verso quegli eterni “emigranti” che provengono da ciò che si trova sotto Firenze. Vita dura, poi, per chi viene dalla capitale. Con un’impercettibile lacrima che fuoriesce dall’anima nazionale, è forte il dolore provocato dalla voce popolare, tagliente ma qualunquista – e perché no, anche un po’ ignorante, come dicevano i comici Aldo, Giovanni e Giacomo, “nel senso che ignora”! – di chi assimila il romano alla “Roma ladrona”. Quella Roma fatta di ministeri e uffici che rubano sì, ma che quando lo fanno, danneggiano tutti gli italiani. E chi infila le mani in quel sacco viene da Nord, Sud e Centro. Ed è di qualsiasi bandiera politica.
Quello che è successo a Verona sarebbe potuto capitare in qualsiasi altra città del Paese? Forse. Tuttavia, i dubbi sono forti. Sicuramente, quanto successo è lo specchio che riflette una realtà troppo a lungo messa da parte. Una realtà che, comunque, non deve sopravvivere. Ma per raggiungere questo risultato è necessario un segnale. Un segnale che a Verona ancora non è mai stato lanciato.  
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