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L’Italia e la tortura

La giornata è stata scarsamente pubblicizzata. Eppure il 26 giugno non è una data che dovrebbe passare inosservata. Oggi, infatti, è la “giornata internazionale per le vittime di tortura”.
In Italia ci pensa Amnesty International a mobilitarsi e a fare quel che solo nel nostro paese assume i connotati negativi: lobbing. L’associazione in difesa dei diritti umani torna a chiedere all´Italia di assolvere ai suoi obblighi in tema di tortura.
Per cinque giorni in tutta Italia gli attivisti di Amnesty lanceranno appelli via fax al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, affinché “ribadisca pubblicamente la natura assoluta del divieto di tortura e dia seguito ad alcune importanti raccomandazioni”. L’associazione denuncia sul suo sito la mancata introduzione del reato di tortura nel codice penale e la mancata ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Due situazioni parallele ma interconnesse che si protraggono da ormai quasi 20 anni. Con ciò anche la nostra nazione – secondo AI – si è resa “responsabile” nella “sparizione forzata, la detenzione illegale e il trasferimento in Egitto di Abu Omar e di ogni altra violazione dei diritti umani cui egli sia stato sottoposto, compresa la tortura, a causa delle azioni dei funzionari italiani”.
Ma non è finita qui. La dura bacchettata arriva anche sul fronte delle rendition. Ossia quelle pratiche per cui, all’ombra dell’opinione pubblica mondiale, centinaia di esseri umani sarebbero stati detenuti e trasferiti illegalmente verso paesi in cui avrebbero subito ulteriori violazioni dei diritti umani, compresa la tortura e altri maltrattamenti, e le sparizioni forzate. Ebbene, l’Italia non ha ancora apertamente condannato neanche queste pratiche.
Proprio ieri è uscito il Rapporto annuale 2008 di AI. Un immenso calderone, che addirittura suscita la percezione di una realtà troppo grande per un Paese piccolo come il nostro. Geograficamente, s´intende. Si parte da “tortura, maltrattamenti e responsabilità delle forze di polizia” (con riferimento al G8 di Genova del 2001, a Val di Susa nel 2005, a Federico Aldrovandi morto giovanissimo per cause ancora non chiarite il 25 settembre 2005, a Aldo Bianzino e Gabriele Sandri), passando per le scelte dell’Italia nel commercio di armi e bambini soldato e nella “guerra al terrore” (rendition, Abu Omar, Maher Arar, Abou El Kassim Britel), senza dimenticare il decreto Pisanu sulle espulsioni antiterrorismo contestate della Corte europea dei diritti umani, fino ad approdare al tanto contestato “pacchetto sicurezza”.
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