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Vittoria o sconfitta?

Il Consiglio dell’Unione europea ha deciso: il limite standard delle ore lavorative a settimana passa da 48 a 60. Naturalmente, va chiarito sin dall’inizio, la scelta è su base volontaria e individuale.
L’accordo raggiunto non è rigido ed è il frutto di un intenso lavoro culminato con la finale negoziazione nella notte tra lunedì e martedì, quando a Lussemburgo i 27 ministri del Welfare dell’Ue sono riusciti a raggiungere il punto d’equilibrio. Solo cinque paesi (Spagna, Belgio, Grecia, Ungheria, Grecia e Cipro) si sono mostrati contrari e sperano di assistere a successive modifiche in sede europarlamentare. Cruciale il voto italiano che ha permesso il raggiungimento della maggioranza qualificata.
Due i testi di questo accordo.
Nel primo si stabilisce che il “tetto collettivo” rimane a 48 ore settimanali, tuttavia, il singolo lavoratore può scegliere di innalzarlo a 60. O meglio, a 65 in caso di contratto a chiamata o di turni di guardia (ad esempio, per medici o altri lavori legati all’emergenza). In ogni caso si applica a contratti aventi la durata superiore alle 10 settimane.
Nel secondo, invece, si prevede, sin dal primo giorno di lavoro, la parità di trattamento (rispetto a stipendio, congedo di maternità e permessi) sia per lavoratori impiegati da agenzie interinali sul territorio europeo, sia per i lavoratori occupati a tempo indeterminato. Per la precisione, i circa 8 milioni di lavoratori precari godranno degli stessi diritti di chi ha “il posto sicuro”.
“È un passo avanti per i lavoratori europei e per il dialogo sociale – sostiene il commissario agli Affari sociali, Vladimir Spidla, aggiungendo – Abbiamo creato maggiore sicurezza e migliori condizioni per i lavoratori, anche impiegati dalle agenzie interinali, pur mantenendo la flessibilità di cui le aziende hanno bisogno».I sindacati si lamentano: “L´accordo sull´orario di lavoro è molto insoddisfacente, inaccettabile – sostiene John Monks, segretario generale della confederazione sindacale. Per la Spagna non è solo “inaccettabile” ma anche “da respingere” perché, così tutta l’Europa “sarà riportata indietro sul piano delle conquiste sociali”.
Ed effettivamente l’orario di lavoro potrebbe apparire “disumano”. Ma, soprattutto, andrebbe chiarito come è possibile tutelare il lavoratore nella scelta indipendente e libera di aumentare l´orario lavorativo a 60 o 65.
Tuttavia, (purtroppo o per fortuna) vista la realtà lavorativa italiana, andrebbe fatto un vero e proprio “balancing values”. Almeno in Italia, da una prima lettura dei documenti, non sembra che i lavoratori abbiano molto da perdere con questo accordo.

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