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Quel che resta del G8

Di am
L´economia globale cambia palcoscenico ogni giorno. La fame dei paesi in via di sviluppo bussa alle porte dell´occidente opulento e sprecone. Il mercato immobiliare americano si frantuma come un cracker, spalmato sotto il peso dei subprimes e in Europa l´inflazione galoppa, costringendo la Bce ad un intervento che probabilmente aiuterà ben poco le economie degli Stati del Vecchio Continente. Il tema ambientale ed energetico è sempre più caldo e il prezzo del petrolio è alle stelle. In questo tsunami di mutamenti costanti e in attesa di poter salutare il nuovo Presidente americano, l´unica cosa che rimane saldamente ancorata alla sua struttura originaria è il Gruppo degli 8 grandi della Terra. Il G8 quest´anno si è svolto in Giappone, e ha visto il solito incontro dei vertici (decapitati) di una economia mondiale sempre più trainata dalle tigri asiatiche, India e Cina. Tigri che non siedono a quel tavolo e che dovrebbero invece esserci e assumersi le proprie responsabilità. L´unico piccolo passo di questa riunione estiva dei Grandi è forse stato la timida apertura alla discussione di un possibile allargamento del consesso. Probabilmente in Italia il prossimo anno il G8 vedrà anche una riunione ampliata ad altre 5 nazioni per ora escluse. L´idea del G13 – perorata intelligentemente dal professor Paolo Guerrieri dello IAI sul numero di luglio di Formiche – sembra essere gradita anche alla Francia di Sarkozy ed Attali. Che sia la volta buona per una sano cambiamento anche all´interno della burocrazia conservatrice del G8? Si spera, ed inanto si attende l´esito delle urne statunitensi a novembre.
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