Pochi in Italia hanno veramente capito l’entità della rivoluzione in atto, destinata a cambiare profondamente il modo con cui utilizzeremo e produrremo l’energia.
Le cause di questa trasformazione sono note. Prezzi dell’energia sempre più alti e, soprattutto l’emergenza del riscaldamento del pianeta.
Un segnale dei cambiamenti in atto viene dalla esplosiva crescita delle rinnovabili. Gli investimenti nelle energie verdi nel 2007 sono infatti aumentati del 60% raggiungendo i 148 miliardi $.
E tutto ciò sta già cominciando a trasformare la struttura del nostro sistema energetico.
Se, ad esempio, si considerano le variazioni della potenza elettrica in Europa nel periodo 2000-2007 si scopre che il contributo delle fonti rinnovabili ha superato del 16% l’incremento netto di potenza delle centrali termoelettriche ad olio combustibile, a gas, a carbone e nucleari. Questo incredibile exploit è legato in particolare alla crescita dell’energia eolica in alcuni Paesi. Il vento infatti riesce ormai a soddisfare il 21% della domanda elettrica in Danimarca, il 12% in Spagna e il 7% in Germania.
E sono numeri destinati ad alzarsi notevolmente in relazione ai programmi di investimento di numerosi operatori e agli obiettivi decisi dai governi di alcuni Paesi. Basti ricordare la Gran Bretagna, con un piano di 33 GW al 2020, o la Francia che alla stessa data dovrebbe raggiungere i 25 GW, in entrambi i casi con una decuplicazione dell’attuale potenza eolica.
Fra poco più di 20 anni il vento potrebbe dunque coprire una quota compresa tra il 21 e il 29% (in relazione al livello dei consumi reali a quella data) della domanda in Europa.
E la situazione è in movimento in Cina, in India, negli Usa.
Guardando sul lungo periodo sarà però il solare a dominare il mercato delle rinnovabili. La potenza fotovoltaica installata nel mondo è ancora solo un decimo di quella eolica, 10 GW contro 100 GW, ma il tasso di crescita è molto più rapido e verso la metà del secolo il solare rappresenterà la quota principale delle energie verdi.
Questo risultato sarà possibile grazie alla forte riduzione dei costi che ci si aspetta nei prossimi anni. Il Dipartimento dell’Energia americano ha recentemente valutato che verso il 2015 il costo dell’elettricità fotovoltaica sarà inferiore rispetto alle tariffe elettriche pagate dai cittadini di diverse aree urbane, da New York a San Diego. È chiaro che quando si raggiungerà questa situazione, il fotovoltaico potrà svilupparsi rapidamente senza bisogno di incentivi.
Possiamo dunque dire che le rinnovabili stanno tentando “l’assalto al cielo”. Non puntano, cioè, a rosicchiare qualche punto percentuale ai fossili ma aspirano a diventare le protagoniste della scena energetica di questo secolo. Sarà possibile questo salto di qualità, o ancora una volta verranno emarginate, magari dal nucleare?
L’idea che le rinnovabili arrivino a superare il 50% dei consumi mondiali entro la metà del secolo era finora auspicata dagli ambientalisti o prevista da qualche elaborazione spinta, come quella della Shell. La Commissione d’Inchiesta insediata dal Parlamento tedesco per valutare gli scenari di sostenibilità energetica è arrivata non solo a ritenere possibile un simile obiettivo, ma ha elaborato la “Full Solar Supply”, una ipotesi di copertura totale della domanda energetica della Germania al 2050 con le sole rinnovabili.
Le istituzioni ufficiali sono state però generalmente molto più caute. L’Agenzia internazionale dell’Energia ad esempio, ha confinato in passato le rinnovabili ad un ruolo marginale negli scenari elaborati. Anche se la spinta della realtà sta portando anno dopo anno anche la Iea a progressivi aumenti del contributo futuro delle energie pulite.
Ed è significativo il fatto che, nell’ultimo rapporto dell’Agenzia sulla valutazione delle strategie per un dimezzamento delle emissioni di CO2 entro la metà del secolo, come chiesto dalla comunità scientifica, le rinnovabili dovrebbero dare il maggior contributo di riduzione subito dopo il comparto dell’efficienza energetica.
Il ruolo dell’Europa
MÈa quali sono gli attori dietro questa rinascita che dovrebbe consentire all’umanità di soddisfare nei prossimi secoli i propri fabbisogni energetici con le fonti rinnovabili, proprio come aveva fatto per migliaia di anni fino a 200 anni fa?
A livello di Paesi possiamo ricordare l’impegno ad ampio raggio della California negli anni Ottanta, quello del Brasile sul bioetanolo dal 1980 in poi e l’attenzione del Giappone sul fotovoltaico negli anni Novanta. Poi c’è l’Europa. Per la verità, alcuni Paesi dell’Europa, Germania, Spagna e Danimarca innanzitutto. Che sulle rinnovabili hanno puntato, in particolare nell’ultimo decennio, facendone un elemento centrale della propria strategia energetica. Ed è significativo che si tratti di Paesi che hanno deciso di uscire dal nucleare o che non l’hanno mai avuto.
È impressionante notare le differenze dei risultati di un Paese che ha creduto nelle rinnovabili come la Germania, dove l’elettricità verde è più che raddoppiata tra il 2001 e il 2007 e lo sconsolante panorama italiano con una percentuale di produzione da rinnovabili calante negli ultimi 20 anni.
Possiamo dire che a determinare questo successo hanno contribuito una lucida visione del futuro energetico, una attenzione costante indipendentemente dal colore politico dei governanti, il ruolo attivo di una imprenditorialità decisa a scommettere e, ovviamente, una opinione pubblica molto favorevole.
I risultati già ottenuti sono stati decisivi per spingere i Capi di governo europei ad approvare la proposta della Ue di porsi l’obiettivo, legalmente vincolante, di coprire il 20% dei consumi finali con le rinnovabili entro il 2020. Obiettivo ambiziosissimo che comporterà la generazione con energia verde di un terzo dell’elettricità consumata in Europa alla fine del prossimo decennio.
Già adesso alcune regioni spagnole, danesi e tedesche hanno superato questa soglia, ma la sfida di estendere a tutto il continente una così elevata produzione da rinnovabili implica investimenti colossali e qualche salto tecnologico in alcune delle filiere più interessanti. C’è chi pensa a celle fotovoltaiche di terza generazione, chi all’eolico off-shore in mare aperto o addirittura in alta quota, chi alla geotermia a profondità di 3-4000 metri, chi alla gassificazione delle biomasse…
L’ambizione non è solo quella di avere una Europa più indipendente energeticamente e con un minor livello delle emissioni, ma anche di far crescere e rafforzare una solida industria innovativa che consenta all’Europa di mantenere la leadership che ha conquistato in questi anni.
In Germania l’occupazione legata alle rinnovabili ha raggiunto i 250.000 addetti e in alcuni Länder dell’Est il settore fotovoltaico è divenuto il comparto industriale più interessante per i capitali investiti e l’occupazione indotta.
Gli Usa contendono la leadership verde all’Europa
Ma l’Europa si confronterà nei prossimi anni con un cambiamento molto accentuato della politica statunitense. Il fronte energetico e climatico sarà infatti, insieme alla guerra in Iraq, il settore dove più deciso sarà il mutamento rispetto alle scelte dell’attuale amministrazione, che su questi temi aveva mantenuto un basso profilo o addirittura aveva remato contro.
Obama ritiene, infatti, importante che gli Stati Uniti si impegnino nella lotta ai cambiamenti climatici e propone un rientro del Paese nelle negoziazioni internazionali sul clima, senza attendere che Cina ed India facciano altrettanto, evitando così una paralisi del processo decisionale. Come strumento d’azione propone uno schema analogo a quello dell’emission trading europeo, ma con un pagamento delle quote da parte delle industrie e la destinazione dei proventi (15 miliardi di dollari all’anno) per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Questo meccanismo penalizzerà evidentemente la produzione di energia da carbone.
Molto tiepida è la sua posizione sul nucleare: non si faranno centrali prima che venga definitivamente risolta la questione della messa in sicurezza delle scorie radioattive. Lo scenario nuclearista riceve quindi un duro colpo anche per la sua opposizione al grande cimitero di scorie di Yucca Mountain sul quale si è affannato il dipartimento americano per l’energia. Una scelta che avrà effetti anche su scala mondiale.
Non mancano poi obiettivi di settore. Innanzitutto la copertura del 25% della domanda di energia elettrica al 2025 con le rinnovabili; al 2012 l’obiettivo è del 10%.
Obama spingerà molto anche sul versante dell’efficienza energetica che nel settore dell’edilizia dovrebbe portare ad un’ampia riqualificazione degli edifici e dal 2030 a costruire solo case “carbon neutral”. Inoltre, i consumi di elettricità al 2020, grazie alle politiche di efficienza energetica, dovrebbero ridursi del 15% rispetto allo scenario tendenziale.
Insomma, l’ingresso di Obama alla Casa Bianca comporterà il ritorno negli Usa sulla scena mondiale per la lotta contro i cambiamenti climatici e un forte rilancio dell’industria delle fonti rinnovabili. Un’ultima osservazione sull’impatto economico di queste scelte, elemento importante nell’attuale fase recessiva dell’economia, considerando che le rinnovabili sono attualmente più costose delle fonti convenzionali. Gli alti prezzi dell’energia e il miglioramento delle tecnologie verdi tendono però a ridurre il divario tra le due opzioni. È stato calcolato dalla Iea che uno scenario basato su politiche incisive sul lato dell’efficienza energetica e sulle rinnovabili al 2030 sarebbe complessivamente meno costoso di uno scenario tendenziale. Si tratta inoltre di comparti in cui l’innovazione tecnologica giocherà un ruolo importante e la creazione di posti di lavoro sarà significativa.
Del resto, non stupisce che il rilancio di rinnovabili e risparmio rappresenti per Obama una priorità strategica per far decollare nuovi comparti industriali, per creare occupazione e per ridurre le importazioni energetiche dall’estero.