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Perchè non ci interessa il dopo Berlusconi

La politica italiana è bella perché è varia. Nonostante la larga vittoria del centrodestra e la ragionevole previsione di un esecutivo stabile, il dibattito pubblico è sempre teso a capire quali possono essere i nuovi scenari. Se ci sarà una crisi di governo o solo un rimpasto. Se Berlusconi salirà al Colle, se Franceschini durerà oltre le Europee.
Marcuse, quello della “fantasia al potere”, da noi non si sarebbe trovato male. E´ vero infatti che nel pensar male spesso s’azzecca e che quindi a volte il gossip si traduce in realtà, ma un maggiore distacco dal retroscena e una maggiore attenzione al merito delle questioni aiuterebbe la qualità della nostra democrazia.
Nella Prima Repubblica, in effetti, si registrava un significativo turnover di governi. Dal ‘94 in poi la musica è cambiata anche se i musicisti non se ne sono accorti. Fatto sta che da quando Berlusconi è sceso in campo si discute solo sul dopo Berlusconi. Ovviamente, ne discutono tutti fuorché lui, che di Epicuro è fedele epigono. Mentre il Cavaliere di Arcore trova modi e forme di comunicare direttamente con il suo “popolo”,
i suoi presunti antagonisti cercano un loro Cavaliere Bianco da contrapporgli.
Prodi è riuscito a battere Berlusconi ma non la sua coalizione. Gli altri hanno fallito tutti. Sulla finestra è rimasto Luca di Montezemolo, sempre evocato ma mai pervenuto.
Se davvero avesse voluto far politica (cosa della quale non v’è riscontro) sarebbe stato un perfetto Cavalier Tentenna.
La considerazione più interessante sul tema del “dopo” è stata svolta da un berlusconiano rosangue come Giovanardi. L’esponente politico ha infatti paragonato il suo leader a Tito. Ovviamente, non voleva denunciare caratteristiche da dittatore del nostro premier, bensì allertare sul rischio di balcanizzazione del centrodestra (e non solo) nella lontana ipotesi di un “dopo”. Giovanardi ha colto nel segno, almeno secondo noi. Poiché però nessuno ha la sfera di cristallo, forse vale la pena non distrarsi troppo a vagheggiare su un imprevedibile futuro.
Gli avversari di Berlusconi, compresi quelli non presenti in Parlamento ma dentro l’establishment (o élite, come la chiama Polito), dovrebbero pensare a proporsi come un’alternativa vera, trasparente, coraggiosa e non condizionata all’esser
contro il fondatore del centrodestra. Gli alleati di Berlusconi, compresi quelli nel suo stesso partito, dovrebbero arrovellarsi meno sull’erede e concentrarsi di più sull’azione di governo: la metafora che viene in mente è quella, un po’ volgare ma efficace, del marito che vuol fare il dispetto alla moglie… Berlusconi, a sua volta,
dovrebbe consegnare al Paese e ai suoi successori una Costituzione nuova e più forte: la differenza fra un grande leader ed uno statista sta tutta lì. Insomma, prima del dopo c’è un durante. E non va trascurato!


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