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Scosse, stabilità e responsabilità

Cosa può accadere se il pessimismo della ragione prevale sull’ottimismo della volontà anche nelle fasce più giovani e combattive del nostro Paese? La filosofia del “tanto peggio, tanto meglio” è una delle peggiori attitudini italiche che vale la pena contrastare con forza. Eppure a volte sembra rappresentare l’ultimo rifugio per chi ha visto sfumare le speranze di un cambiamento positivo. Esiste una vasta platea di formiche, di persone non sempre visibili ma attive nel lavoro, nell’università, nel volontariato, nelle istituzioni, che di fronte ad una situazione politica così confusa e melmosa si ritrova sempre più disorientata e disamorata. Questo grido d’allarme sembra non raggiungere le orecchie dei suoi più naturali destinatari, i leader dei partiti. Non c’è dubbio che stia montando in queste settimane uno scontro politico tanto violento quanto lontano dall’interesse nazionale.Vorremmo dirlo con chiarezza: la condotta privata del presidente del Consiglio – che pure ha un valore pubblico non trascurabile – non ci interessa. Non perché non possa essere considerata discutibile (ciascuno si sarà liberamente formato una propria opinione) ma perché la questione è diversa e più grave. In queste settimane registriamo la crisi profonda di una politica che ha ormai ben poco da esprimere. Il punto non è il destino personale di Silvio Berlusconi, se sarà sommerso dal blob delle polemiche o se, come in passato, ne uscirà indenne. Ad essere minata è la credibilità di un sistema che è stato costruito sulla abilità di una sola persona. Dal ’94 in poi, i partiti della cosiddetta Seconda Repubblica sono andati strutturandosi, per modo di dire, facendo perno sull’autoreferenzialità, sulla scarsa capacità di ricambio e su un metodo di cooptazione rivolto troppo spesso verso il basso. La centralità della figura del Cav. è stata il grande ombrello sotto il quale tutti si sono protetti e nascosti.Le “scosse” di queste settimane, come le ha definite D’Alema, sono cosa molto diversa da quella “scossa” che invocava anni fa per l’Italia il presidente Ciampi. Il risveglio dal torpore delle rendite che l’allora presidente della Repubblica auspicava non c’è mai stato. In cambio, abbiamo vissuto una stagione di instabilità e di un più generale grigiore del governo (esclusa la parentesi dei primi mesi di questo governo Berlusconi). La crisi finanziaria e la competizione globale ci imporrebbero di cambiare registro e provare a volare alto. Invece, avviene il contrario: il piombo nelle nostre ali aumenta. C’è chi pensa che, tutto sommato, dalla deflagrazione della cosiddetta Seconda Repubblica possano emergere nuove opportunità. Noi temiamo che il vaso, dopo essere stato così tante volte già rotto, possa polverizzarsi e che quindi non si ritrovino più neanche i cocci da riattaccare. E’ una visione pessimista, lo ammettiamo. Ma non vogliamo arrenderci.
 


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