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Il Centro carsico

 
Se si ripercorrono alcune tappe fondamentali del passato culturale, politico e istituzionale di diversi Paesi europei continentali, ci si accorge infatti che numerose sono state le definizioni di “centro”, allorché si è parlato di formazioni politiche collocatesi tra destra e sinistra, o quando si è detto che si trattava di ipotesi culturali alternative idealmente alle filosofie liberiste e socialiste.
È anche nella storia politica italiana recente – invece – che si è vissuta la stagione del “centrismo”,  non di un singolo partito di centro, né tanto meno di una ipotesi puramente culturale di alternativa al liberalesimo e al socialismo.
La proposta politica di De Gasperi – come ha molto significativamente ricostruito Pietro Scoppola – è stata proprio quella di dar vita, nel contesto dell’Italia successiva alla seconda guerra mondiale, ad una alleanza di governo per l’Italia e non già ad un partito di centro.
De Gasperi, infatti, propose un modello di democrazia – la democrazia cristiana appunto – diverso dai due modelli di “democrazia” dei Paesi che avevano concorso alla vittoria militare contro il fascismo e il nazismo. Si trattava, allora, della democrazia liberale di tipo angloamericano e della democrazia socialista di tipo sovietico.
Un modello di democrazia – quella cristiana appunto – e non già un partito di centro contrapposto a destra e sinistra.
Il centrismo degasperiano era infatti caratterizzato proprio dall’accettazione in via di principio della cultura liberale – come è testimoniato, tra l’altro, dalla Presidenza della Repubblica di Luigi Einaudi – e dal contemperamento della cultura medesima con i principi della socialità popolare – come è testimoniato dall’aver ritenuto essenziale l’alleanza politica e di governo con il partito socialdemocratico di Giuseppe Saragat.
Quanto al Partito repubblicano, si trattava del complicatissimo rapporto tra questo partito e il partito d’Azione, al cui interno convivevano ipotesi liberaldemocratiche e ipotesi socialcomuniste.
Il centrismo degasperiano pertanto era figlio di una specifica cultura politica – quella della ragionevolezza, del buon senso, e quindi della moderazione – che si contrapponeva rigorosamente non tanto ad una destra e ad una sinistra astrattamente considerate, ma al fascismo perché storicamente considerato non democratico, e al comunismo sovietico perché considerato illiberale.
La cultura politica del centrismo degasperiano pertanto era una cultura che si collocava in assoluta continuità con l’ispirazione liberale di Luigi Sturzo, della quale coglieva l’aspetto popolare vissuto concretamente nell’esperienza italiana del secondo dopoguerra quale esperienza sociale di mercato, e quindi in qualche modo socialdemocratica.
Socialità europea, Usa, Asia
Questa cultura politica è certamente in grado di dar vita anche oggi ad una proposta di governo dell’Italia non più in un contesto post-bellico quale fu quello del centrismo degasperiano, ma nel nuovo contesto dell’integrazione europea e della globalizzazione.
L’integrazione europea infatti è oggi alla ricerca di una sua specifica identità, capace di renderla significativamente diversa dall’identità strutturalmente liberista del modello statunitense.
Il processo di globalizzazione in atto – a sua volta –  fa percepire a noi tutti alcuni modelli di società molto diversi l’uno dall’altro, o per ispirazione religiosa, o per dimensione territoriale, o per l’equilibrio non raggiunto tra dimensione familiare e dimensione sociale (si pensi alla Repubblica islamica dell’Iran; alla Repubblica indiana; alla Repubblica popolare cinese; alla Federazione brasiliana, per citare alcuni soltanto dei nuovi protagonisti dell’economia mondiale).
Nei confronti di questi Paesi, è di tutta evidenza che una cultura politica del “centrismo” darebbe vita a soluzioni nazionali di governo diverse l’una dall’altra, perché le soluzioni cosiddette istituzionali non possono mai essere disgiunte dal contesto generale della cultura di governo di ciascun Paese, se non si vuole cadere in una sorta di “ingegneria” costituzionale.
Come un fiume carsico, il “centrismo” dunque ci interpella in tempi diversi ma nella continuità di ispirazione ideale, come certamente sanno tutti gli speleologi.
Parlare oggi, dunque, di “centrismo” significa confrontarsi – per quel che concerne l’Italia – con le due grandi novità dell’integrazione europea e della globalizzazione.
Non si tratta certamente oggi della destra e della sinistra con le quali si dovette confrontare De Gasperi allorché diede vita ad una alleanza di centro composta da partiti politici diversi, perché la destra e la sinistra di allora non hanno più alcun significato oggi.
Il terreno sul quale la proposta del “centrismo” si deve costruire nell’epoca presente è molto probabilmente quello dell’economia sociale di mercato: sarà in grado l’Europa di fare di essa l’elemento distintivo rispetto in particolare agli Stati Uniti d’America, o finirà con il prendere atto che l’esperimento di Barack Obama avvicina i due lati dell’Atlantico nel momento stesso in cui l’Europa viene scavalcata dagli altri grandi protagonisti dell’economia mondiale?
 


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