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Un faro anti-nebbia

Come faccia l’Italia a resistere, ad andare avanti “nonostante tutto”, è un bel mistero. Ci sarebbe da essere orgogliosi, se non fosse che l’affanno negli ultimi anni sta così tanto aumentando da far paventare un rischio di soffocamento. Il nostro Paese ha vissuto diversi momenti di crisi politica che non hanno però influito in modo pervasivo sulla vita dei cittadini. Nei primi anni novanta, il tessuto economico delle Pmi ha fatto da grande ammortizzatore sociale. Oggi, quel reticolo di persone e aziende appare sfibrato dalla tempesta finanziaria che sta cambiando gli equilibri del pianeta. La famiglia continua a restare il nucleo centrale di un sistema sociale, quello italiano, naturalmente portato alla coesione. Eppure, anche lì la crescente disoccupazione e povertà potrebbero produrre effetti negativi. In questo contesto, servirebbe un sistema istituzionale forte, un patto fra pubblico e privati. La solidarietà dovrebbe essere il cemento con il quale costruire prima l’argine contro la crisi e poi il volano della ripresa.
Purtroppo, le cose stanno andando diversamente. In tutti i settori delle istituzioni assistiamo a lotte per bande che farebbero impallidire i peggiori gangster dei film. Una lotta senza esclusioni di colpi che coinvolge la politica e i partiti ma anche la magistratura, il mondo militare e quello della Chiesa. Un grande caos alimentato da una stampa irresponsabile e sciocca che pensa di poter trarre benefici (economici, di copie vendute, di potere) dalla diffusione del gossip e dei veleni. Si tratta di una guerra combattuta infatti con l’uso di quelle che sono state efficacemente definite “armi di distrazione di massa”. Mezzi pericolosissimi che infatti distraggono tutti dal proprio compito principale: governare il paese, garantire la giustizia piuttosto che la difesa o la fede.
La domanda, di leninista memoria, “che fare?” sta diventando un’ossessione per molti, soprattutto fra i giovani più impegnati sul piano civile e comunque consapevoli della viscida deriva verso la quale stiamo scivolando. E’ evidente che sia più facile suggerire cosa gli altri dovrebbero fare. Ma cosa ciascuno di debba fare non è altrettanto chiaro. C’è chi pensa che siamo meglio prepararsi all’esilio, chi che debba aumentare il livello di ingaggio politico, chi che convenga cercare di arricchirsi e mettersi al riparo da qualunque coinvolgimento civico. A questo disorientamento generale è assai difficile offrire una nuova bussola. Forse, vale la pena di non lasciarsi sopraffare dal pessimismo della ragione. L’Italia è sempre andata avanti perché il Paese è in profondità più sano di quanto si possa immaginare restando in superficie. Ci siamo abituati a identificare la speranza con un salvatore o con un evento catartico. La verità è che il futuro siamo noi stessi, quello che facciamo ciascuno di noi quotidianamente. L’agire con la consapevolezza della propria responsabilità sociale è una piccola cosa. Ma è quella che potrà consentire di tenere botta ancora una volta e di avviare quella ricostruzione del tessuto istituzionale che serve a tenere insieme il Paese.
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