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Paure finte e spauracchi veri

La formula dello “scomporre per ricomporre” sarà ancora valida nell’anno di grazia 2010? Le divisioni strategiche all’interno del Pd e del Pdl fanno ben sperare quanti erano contrari all’evoluzione bipartitica del sistema politico italiano. La realtà, come spesso accade, è un tantino diversa. Anzitutto, in questi anni sono stati gli elettori a dare indicazioni precise premiando l’impostazione tendenzialmente bipolare (come è stato peraltro anche, e ancor di più, in passato con il binomio Dc-Pci) salvaguardando però l’esistenza di pochi ma solidi partiti “minori” come Lega, Italia dei Valori e Udc. L’eventuale rottura fra Berlusconi e Fini da una parte e dall’altra una ennesima scissione nell’area del centrosinistra, non farebbe che modificare in modo minimale il quadro politico. È sempre dalle urne che è giunta in questi anni una lezione non sempre colta dai partiti:l’egemonia si conquista con i voti reali e non con le manovre di palazzo. Ergo, una innovazione strutturale dell’offerta politica si potrà constatare solo quando ci sarà una nuova e forte proposta alternativa agli elettori. Prima di allora, resteranno solo chiacchiere degne di occupare pagine di quotidiani sempre, non a caso, meno letti ed influenti.Nel frattempo, varrà la pena di chiarire un aspetto di quelli che sembrano togliere il sonno a tanti: il successo della Lega. La formazione di Bossi riesce a coniugare due metodologie apparse sinora sempre in contrapposizione fra loro: il populismo (inteso come capacità di comunicare in forma diretta e ammiccante con gli elettori) e il rapporto con il territorio. Il Carroccio mette insieme la novità berlusconiana con la tradizione dei partiti di massa del Novecento. I cittadini hanno apprezzato. E lo fanno, per la verità, da più di due decenni. I consensi di allora si sono rafforzati e cresciuti. Oggi, come allora, fanno paura. Ma se prima le parole d’ordine potevano essere legittimamente ascritte ad impeti anche razzisti e “volgari”, adesso la raffinatezza politica della Lega è ben diversa.Comprensibile quindi che diventi lo spauracchio di chi ne teme la leadership e le conseguenzesull’unità sostanziale dell’Italia.Con il movimento di Bossi e la sua classe dirigente di quarantenni bisogna però fare i conti. E semmai prendere l’esempio. Spiegare che si è “contro la Lega” non può essere una piattaforma politica sufficiente. Gianfranco Fini, ad esempio, si lamenta dei successi delle camicie verdi ma omette che questo è proprio il frutto dell’eclisse della rappresentanza della destra prima in An e poi nel Pdl. Agitare un fantasma a volte serve solo a nascondere i propri limiti. Conoscere ed apprezzare anche un avversario può essere utile a crescere. Il caso del Carroccio è emblematico perché rischia di testimoniare la cifra di una politica che non è più in grado di decifrare neppure se stessa. Eppure parlare agli elettori in modo chiaro e diretto e farlo mantenendo con loro un legame territoriale che non passa solo per il Tg1 delle 20 dovrebbe essere un patrimonio comune di tutte le forze politiche. Dovrebbe.


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