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Visioni di maggio

L’eta della conquistaRoma, Musei Capitolini, fino al 5 settembre
Roma pensa al futuro guardando al passato, ricchissimo di storia e di capolavori artistici. All’interno del progetto quinquennale “I Giorni di Roma” è stata creata una grande mostra di capolavori dell’arte antica provenienti dai musei più importanti d’Europa, con opere databili nel periodo successivo alle campagne di conquista in Grecia (dalla fine del III secolo alla seconda metà del I secolo a.C.), uno dei momenti fondamentali per la futura identità culturale e artistica romana, non solo dell’età repubblicana. La cosiddetta età della conquista parte dal momento di formazione dell’Impero romano, quando Roma espande progressivamente il proprio controllo su tutto il bacino del Mediterraneo, dalla Spagna alle coste dell’Asia Minore. In questo periodo si assiste alla formazione di un linguaggio figurativo squisitamente romano, che fa tesoro di tutta la cultura artistica greca, che nel tempo viene recepita, assorbita e modificata. E’ questo il periodo in cui l’élite al potere avverte, con sempre maggior consapevolezza, il consolidarsi del proprio prestigio e lo esprime attraverso l’arte.Roma tra il III e il I secolo a.C. diventa l’unica potenza egemone sull’intero bacino del Mediterraneo. A conclusione delle vittoriose campagne militari in Grecia e Magna Grecia, le ingenti quantità di denaro e i ricchi bottini di guerra determinarono un mutamento di gusti che si trasformò in rivoluzione culturale. Le opere d’arte greche esibite nel corso della processione trionfale dei generali erano di una qualità mai ammirata prima, talvolta persino in materiali preziosi fino ad allora sconosciuti in città, come perle o pietre preziose. Al seguito dei condottieri, arrivarono a Roma un gran numero di artigiani greci, architetti, precettori, medici e artisti. Così, nonostante la resistenza della fazione conservatrice di Catone, una rapida ellenizzazione mutò per sempre l’Urbe anche attraverso la commistione di modelli greci e romani, come nel caso di uno dei templi di largo Argentina: un edificio circolare, tipicamente greco, costruito tuttavia su un alto podio come consuetudine italica. Un discorso analogo vale per i monumenti onorari: sul basamento delle statue onorarie dei generali romani compaiono iscrizioni in greco, come per la statua bronzea di Flaminio al Circo Massimo. Spesso gli stessi abiti dei personaggi raffigurati sono di fattura greca, come la statua di Scipione Asiageno sul Campidoglio.
 
Fiori. Natura e simbolo dal Seicento a Van GoghForlì, San Domenico, fino al 20 giugno
Viene considerata come una delle più belle nature morte di tutti i tempi: la “Fiasca fiorita” di Forlì è un dipinto di cui non è stato ancora risolto il mistero. Non si conosce il suo autore: i diversi nomi suggeriti (ad esempio Cagnacci) collocano il suo autore in un ambito artistico che ha come referente Caravaggio. Probabilmente il quesito è destinato a rimanere irrisolto. Una cosa però è certa: si tratta di un quadro eseguito non da uno specialista di fiori, ma da un grande maestro appartenente alla categoria, allora considerata la più prestigiosa, quella dedita alla rappresentazione della figura umana, alla pittura sacra, a quella di storia e al ritratto. Attorno e a partire da questo capolavoro, nelle sale del Museo San Domenico di Forlì, si sviluppa una grande mostra che ripropone, da un punto di vista e con un approccio metodologico del tutto nuovi, la storia della pittura di fiori, tra il naturalismo caravaggesco e l´affermazione della modernità con Van Gogh e il simbolismo, giungendo fino alle soglie del Novecento, prima della comparsa delle avanguardie storiche. I capolavori di Van Dyck, Brueghel, Cagnacci, Strozzi, Dolci, Cignani e di altri grandi pittori di storia che hanno eccezionalmente dipinto quadri di fiori, aiuteranno se non a risolvere, ad avvicinarsi al mistero, che è poi racchiuso nel segreto della sua straordinaria bellezza, della “Fiasca fiorita” di Forlì. All´apice del Barocco, la fortuna del genere porterà alla nascita di una vera e propria specializzazione e alla frequente collaborazione tra pittori di figura e pittori di fiori.I capolavori esposti dimostrano come i quadri di fiori o i quadri di figura dove l´elemento floreale assume un rilievo simbolico e formale eguale se non superiore abbiano raggiunto un´intensità e un´originalità estetiche assai superiori alla convenzionalità che caratterizza la pittura dei cosiddetti “Fioranti”.
 
I colori di GiottoAssisi, Basilica e Palazzo del Monte Frumentario, fino al 5 settembre
Giotto è stato un genio. Per questo, nell’VIII Centenario dell’Approvazione della Regola di San Francesco, la città di Assisi e la Comunità francescana conventuale del Sacro Convento promuovono uno straordinario evento dedicato a Giotto e agli affreschi della Basilica di San Francesco, ponendo in evidenza aspetti finora ignoti della sua pittura anche grazie alle più moderne tecnologie che consentono, dove non è possibile il restauro, di restituirli in forma virtuale. L’iniziativa, che si svolge nella Basilica di Assisi e a Palazzo del Monte Frumentario, è curata da Giuseppe Basile, a cui si deve uno straordinario lavoro di restauro e di ricerca, grazie al quale è oggi possibile realizzare questo grande evento. Il progetto comprende innanzitutto la realizzazione del restauro aperto ai visitatori dei dipinti murali di Giotto nella Cappella di San Nicola nella Basilica Inferiore. Nelle suggestive sale del trecentesco Palazzo del Monte Frumentario, vicino alla Basilica, è allestita una mostra “virtuale”su Giotto com’era, che offre ai visitatori la possibilità di conoscere l’aspetto originale delle Storie di San Francesco della Basilica Superiore, ricostruite grazie agli studi di un’équipe dell’Istituto Centrale del Restauro. In un unico spazio che ricorda, seppure in dimensioni ridotte, la Basilica Superiore, gli affreschi vengono presentati nel loro aspetto originario prima delle alterazioni che il tempo e le vicende storiche hanno fatalmente favorito.
 
Villa Adriana. Una storia mai finitaTivoli, Villa Adriana, fino al primo novembre
E’ un obiettivo ambizioso, quello di far rivivere a Villa Adriana i fasti imperiali. Oggi una mostra permette di capire quell’atmosfera grazie al ritorno fra le eleganti architetture di questa città fuori città delle più importanti sculture antiche, scavate a più riprese nell’area della Villa e finite nei secoli ad arricchire i maggiori musei italiani ed europei. Il capolavoro in mostra è il celebre Fauno ebbro in marmo rosso, rinvenuto nel 1736, e diventato fulcro del Museo Capitolino dopo il sapiente restauro di Bianchi e Cavaceppi, destando da subito l’ammirazione dei visitatori. Proprio questa scultura di matrice ellenistica sarà l’emblema dell’iniziativa. Negli spazi musealizzati dell’Antiquarium del Canopo, inoltre, ecco sculture raffinatissime come un bel cratere con gru e serpenti e una serie di ritratti (Marco Aurelio filosofo e Crispina dalla meravigliosa acconciatura) dal Museo Nazionale Romano che con i busti e le teste prestate dai Musei Vaticani permettono di ricostruire una galleria degli imperatori. Ad altre sale è destinato l’approfondimento su temi che sono stati oggetto di recenti studi forieri di interessanti novità che in questa sede vengono per la prima volta presentate al grande pubblico. Una pagina affascinante della mostra è il rapporto, ormai ben delineato, tra Adriano e l’Egitto: ai già significativi reperti di Villa Adriana se ne aggiungono dei nuovi appena scoperti o ricostruiti; dalle collezioni egizie dei Musei Capitolini arriva inoltre il bel cratere in granito con protomi leonine e scene egittizzanti, mentre dai Musei Vaticani ritorna un busto di Antinoo ad evocare in questo ambito l’importante presenza del favorito dell’imperatore. Per la prima volta presenti i caratteristici fregi figurati dal Mueso Nazionale Romano in Palazzo Massimo e quello proveniente dal Teatro Marittimo al British Museum di Londra – che rivelano la varietà e la ricchezza della decorazione architettonica di Villa Adriana. La mostra scaturisce da un meditato progetto scientifico a cura della soprintendente Marina Sapelli Ragni con la collaborazione della professoressa Francesca Ghedini e dell’architetto Mario Lolli Ghetti, già direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, e di tutti gli studiosi che in questi anni hanno compiuto ricerche archeologiche a e su Villa Adriana, in primo luogo di quanti hanno operato ed operano nella Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio. Questa città ideale, sogno immanente di un imperatore architetto, dal Seicento ha sempre esercitato un fascino straordinario su artisti, architetti, urbanisti: lo dimostra la bella serie di piante antiquarie esposte efficacemente intorno al plastico della Villa. Ne rende conto, come degli altri argomenti suddetti e di molto altro ancora, l’ampio catalogo edito da Electa che, grazie a molti contributi affidati ai maggiori specialisti italiani e stranieri, vuole costituire un esauriente stato dell’arte di venti anni di studi, sunteggiati da un interprete d’eccezione: Andrea Carandini, comprendendo però anche le novità delle ricerche in corso che aprono nuove prospettive di indagine per il futuro.
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