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È notte. Accendiamo i fari

“Guidare a fari spenti nella notte” può provocare, come cantava Lucio Battisti, emozioni intense, ma non credo sia una situazione che ci augureremmo di sperimentare. Se poi avessimo in macchina un passeggero che, intenzionalmente, spegnesse i fari e ci impedisse di riaccenderli allora al senso di rischio si aggiungerebbe la rabbia per un comportamento così insensato. Ebbene, questo è esattamente ciò che è accaduto di recente in Grecia, la quale, analogamente a quanto aveva fatto anni fa per essere ammessa nell’area dell’euro, ha manipolato i dati statistici sulla finanza pubblica che vengono trasmessi annualmente ad Eurostat per certificare il rispetto o meno del patto di stabilità.
Si capisce, quindi, la rabbia dei partner europei, i quali sono stati obbligati ad intervenire per salvare chi, oltre ad aver creato una situazione pericolosa, aveva anche occultato la verità, contro tutti gli impegni assunti in precedenza.
Il caso greco ha dimostrato, una volta di più, quanto siano importanti statistiche affidabili e come impostare politiche economiche e sociali senza adeguate statistiche che descrivano i problemi ai quali si vuole dare soluzione, e consentano di valutare i risultati raggiunti, sia qualcosa che, oggigiorno, consideriamo del tutto insensato, quasi quanto guidare di notte a fari spenti. Se anni fa i policy maker dovevano prendere decisioni senza disporre di dati affidabili concernenti l’economia e la società (si pensi alla sostanziale assenza di statistiche economiche nel periodo della “grande depressione”), oggi la situazione è molto diversa. Infatti, i dati statistici abbondano e sono facilmente accessibili a tutti, compresi i mezzi d’informazione, anche se ciò non ha impedito ad alcuni di spiegare l’insorgenza della crisi finanziaria del 2007 con l’assenza di informazioni statistiche adeguate sui comportamenti degli intermediari finanziari.
Peraltro, le norme stabilite dal Fondo monetario internazionale e dagli standard statistici internazionali impongono agli istituti di statistica di fornire i dati simultaneamente a tutti gli utenti, senza favoritismi nei confronti delle autorità governative. Non solo. Oggi all’indipendenza degli istituti di statistica si guarda in modo analogo a come si guarda all’indipendenza delle banche centrali, proprio per garantire l’intera collettività da manipolazioni dei dati finalizzate a favorire questa o quella parte politica.
Ma il meccanismo che assicura questo continuo flusso di dati è estremamente delicato. Sul piano tecnico, assicurare la produzione di informazioni di qualità su fenomeni che evolvono sempre più rapidamente richiede un continuo investimento di risorse umane e strumentali. Su quello “politico”, l’indipendenza della statistica pubblica, necessaria per il funzionamento di una democrazia moderna, è talvolta messa a rischio da chi vorrebbe piegare i dati a favore della propria parte politica. Al di là del caso greco, infatti, gli ultimi trent’anni sono costellati da tentativi di ingerenza del potere politico nel funzionamento della statistica pubblica. Durante il periodo di Margaret Thatcher, nel Regno Unito i programmi statistici pubblici furono ridotti drasticamente, tagliando la produzione di tutti i dati che non venivano direttamente considerati utili per l’azione del governo. Più di recente, durante la presidenza Bush, negli Stati Uniti i dirigenti di alcune agenzie statistiche sono stati “dimissionati” in quanto non allineati con la politica del governo, mentre negli anni Duemila in Europa ci sono stati numerosi casi di cambiamenti al vertice degli istituti di statistica a seguito di modifiche nella maggioranza di governo.
Per evitare tutto ciò la comunità statistica internazionale si è dotata di alcuni strumenti utili ad orientare le legislazioni nazionali verso una maggiore indipendenza degli istituti di statistica, quali Codici di condotta o Principi generali, come quelli adottati nel 1994 dalle Nazioni Unite o nel 2005 dalla Commissione europea. Già da vari anni l’Europa ha messo in campo regolamenti più stringenti per consentire un’attività continua di audit da parte di Eurostat sulle statistiche nazionali: ma anche questo non si è dimostrato sufficiente nel caso greco.
La verità è che, nel caso in cui tra autorità statistiche e autorità politiche ci sia una qualche forma di collusione, che oscura, in modo coerente, i dati “veri” agli ispettori europei, è molto difficile scoprire i trucchi contabili. Proprio per questo l’Italia ha da tempo adottato regole e metodi di lavoro che mettono il Paese al riparo da situazioni del genere. Ad esempio, per i dati di finanza pubblica la collaborazione tra Istat, ministero dell’Economia e delle finanze, e Banca d’Italia si svolge all’insegna della massima trasparenza, cosicché se si manifestano contraddizioni tra i dati delle varie fonti (abbastanza naturali viste la loro eterogeneità), esse non vengono nascoste, ma analizzate in modo rigoroso e trasparente, anche nei confronti dell’Eurostat.
Nel caso italiano, la collocazione del’Istat tra gli enti di ricerca garantisce l’autonomia scientifica della sua attività. Peraltro, la recente modifica del meccanismo di nomina del presidente dell’Istat, che prevede un parere del Parlamento obbligatorio e vincolante, espresso a maggioranza qualificata (il che richiede un accordo bipartisan), sul nome proposto dal governo, ne rafforza l’autorevolezza e rafforza pure il rapporto tra l’Istituto e il Parlamento nella sua interezza.
Ma l’Istat non è l’unico produttore di dati. Oltre tremila sono gli enti che partecipano al Sistema statistico nazionale (Sistan), comprese tutte le grandi amministrazioni centrali (Inps, Inail, ecc.) e i ministeri. Proprio allo scopo di applicare a tutto il Sistema statistico nazionale i principi europei, al fine di assicurare l’indipendenza scientifica ed organizzativa di coloro i quali vi partecipano, nonché la produzione di dati di qualità, è stato recentemente adottato il “Codice italiano della statistica ufficiale”, che verrà pubblicato proprio in questi giorni sulla Gazzetta ufficiale. Esso obbligherà tutti gli organi del Sistan (ministeri, enti centrali, regioni, province e comuni) ad adeguarsi ai principi di qualità ed indipendenza previsti dal Codice di condotta europeo. Proprio mutuando l’approccio europeo, il Codice prevede audit di qualità e meccanismi di peer review volti a favorire l’adozione delle migliori pratiche.
Al di là di specifiche iniziative nazionali, comunque importanti, la soluzione di questi problemi dovrebbe passare attraverso regole comuni tra tutti i Paesi europei e forse attraverso un cambiamento radicale dello statuto giuridico degli istituti nazionali di statistica, concordato a livello europeo. Per ciò che concerne il primo aspetto, è in discussione un nuovo regolamento che riguarda proprio l’elaborazione e trasmissione dei dati di finanza pubblica alle autorità comunitarie. Il nuovo testo, approvato dal Consiglio ed ora all’esame del Parlamento europeo, rafforza i poteri di verifica dell’Eurostat, obbliga i Paesi membri ad una maggiore trasparenza e impone alle autorità nazionali di assicurare l’indipendenza, di diritto e di fatto, degli istituti nazionali di statistica, rendendo i funzionari che producono le statistiche di finanza pubblica direttamente responsabili in caso di inadempienze. Tutto ciò è benvenuto, ma appare insufficiente.
Un modo di risolvere alla radice la questione, seguendo una proposta che avevo già avanzato dieci anni fa, sarebbe quella di trasformare l’attuale Sistema statistico europeo in qualcosa di simile al sistema europeo delle Banche centrali, mettendo l’Eurostat (attualmente una direzione generale della Commissione europea) in una posizione simile a quella della Banca centrale ed assicurando agli istituti nazionali il rango di autorità indipendente (come le authority), nonché un budget adeguato agli istituti di statistica, determinandolo in percentuale del reddito nazionale (come già avviene per il bilancio comunitario).
Un’azione di questo tipo costruirebbe un sistema statistico forte, capace di sviluppare statistiche di qualità in modo indipendente, di promuovere la qualità anche presso gli altri produttori di dati che compongono i sistemi statistici nazionali e di fronteggiare adeguatamente la perdita di fiducia che si rileva in tutta Europa nelle statistiche ufficiali, chiaramente documentata da Eurobarometro: nel settembre del 2009 più della metà dei cittadini europei ha dichiarato di non fidarsi dei dati statistici (una percentuale in crescita rispetto al 2007), con punte del 60-70% in alcuni grandi Paesi, come il Regno Unito e la Francia.
Disporre di statistiche di qualità rappresenta un must per il funzionamento delle economie e delle società moderne. Il problema va quindi affrontato con urgenza e con decisione, per evitare non solo un grave vulnus nel funzionamento delle nostre democrazie, ma anche il ripetersi di casi come quello greco, i cui costi diretti ed indiretti per la collettività sono sotto gli occhi di tutti.
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