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La sfida dell’energia pura

A seguito della liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica, in Italia ed in Europa, nuovi meccanismi di incentivazione delle fonti rinnovabili si sono affiancati, ed in alcuni casi sovrapposti, a quelli preesistenti. Un processo che ha portato al parallelo utilizzo di molteplici regimi di sostegno, divisi in due principali categorie: regimi di mercato, con metodi di quantità come i certificati verdi; regimi amministrati, con metodi di prezzo come il feed in tariff, i conti energia, incentivi in conto capitale e incentivi fiscali. In Italia convivono di fatto quasi tutti i meccanismi di incentivazione di entrambe le categorie. Nell’ultimo ventennio, infatti, sono stati progressivamente introdotti diversi strumenti di incentivazione quali, ad esempio, le tariffe a sostegno delle rinnovabili e assimilate e il sistema dei Certificati verdi (Cv),
ma anche feed in tariff per impianti da rinnovabili di potenza limitata, il conto energia per piccoli impianti – in particolare per l’energia fotovoltaica –, i contributi a fondo perduto, a livello locale, per alcune fonti rinnovabili. Accanto ad innegabili risultati positivi, ciascuno dei numerosi strumenti di promozione delle rinnovabili posti in atto a livello nazionale o internazionale, ha però evidenziato aspetti critici dal punto di vista della funzionalità o dell’efficienza.
 
Criticità e soluzioni per il sistema degli incentivi
L’Autorità per l’energia condivide in pieno l’importanza di un ulteriore sviluppo delle fonti rinnovabili; un obiettivo irrinunciabile (per la tutela ambientale, la diversificazione delle fonti di produzione, la sostenibilità e la sicurezza del sistema nazionale) che, per la parte di competenza, la stessa Autorità persegue da tempo a livello nazionale attraverso specifici provvedimenti e, a livello internazionale, attraverso una fattiva azione di promozione. Comunque, proprio per sostenere le fonti rinnovabili e raggiungere traguardi europei giustamente sfidanti, occorre che tali obiettivi siano perseguiti con rigore e massima efficienza; anche perché sulle bollette dell’energia elettrica è sempre più rilevante l’impatto delle componenti di tipo parafiscale: i cosiddetti oneri generali di sistema, tra i quali grande peso hanno proprio gli oneri per i diversi regimi di incentivazione delle rinnovabili (Cip6, certificati verdi, tariffa fissa omnicomprensiva, conto energia). Una situazione che, specie guardando agli importanti obiettivi a favore delle rinnovabili, sta purtroppo mostrando delle inefficienze; il costo sopportato dai consumatori per il raggiungimento dei pure auspicati e condivisibili traguardi è infatti superiore a quello necessario. Il livello eccessivamente elevato delle incentivazioni genera inoltre distorsioni e opacità nel settore. Nel 2010, come peraltro avevamo preannunciato quasi due anni fa anche in audizioni parlamentari, il costo delle incentivazioni per le rinnovabili (fonti assimilate del meccanismo Cip6 escluse) supererà i 3 miliardi di euro: quasi il 10% del costo annuale del sistema elettrico nel suo complesso.
Considerando che l’energia incentivata è dell’ordine dei 20 miliardi di kWh, l’incentivo medio risulta pari a circa il doppio del valore dell’energia prodotta; così il consumatore paga l’energia incentivata tre volte quella convenzionale. Appare quindi necessaria una revisione della durata e del livello delle incentivazioni, con particolare attenzione al solare fotovoltaico, ed una correzione dei malfunzionamenti del mercato dei certificati verdi; ciò per non utilizzare male le risorse raccolte ed ottenere risultati inferiori, a danno proprio del necessario maggior sviluppo delle rinnovabili. Senza interventi, c’è il forte rischio di un aumento delle bollette fino a oltre il 20%, da qui al 2020. Per questi motivi e per uno sviluppo solido e sostenibile delle rinnovabili, abbiamo proposto più volte di spostare una parte degli oneri per la loro incentivazione dalla bolletta alla fiscalità generale, garantendo quest’ultima criteri di progressività e proporzionalità più adatti all’impegno sociale necessario per la tutela ambientale. Qualora, invece, si volessero mantenere in tariffa gli incentivi per le rinnovabili, potrebbe essere opportuno che le politiche energetiche-ambientali-industriali, proprie di governo e Parlamento, si limitassero a fissare gli obiettivi quantitativi e temporali per ciascuna fonte, lasciando poi che sia l’Autorità (già impegnata in materia di tariffe) a stabilire le modalità per farli rispettare al minimo costo, in modo efficiente, sul modello già positivamente sperimentato con il meccanismo dei certificati bianchi per i risparmi energetici. Ciò potrebbe assicurare, assieme all’uso efficiente degli incentivi, anche una maggiore stabilità degli stessi, visto che negli ultimi dieci anni sono stati modificati quasi una volta all’anno. Va poi sottolineato come nel complesso gli oneri di sistema inducono, per i prezzi al dettaglio dell’energia elettrica, un differenziale con i prezzi europei simile a quello connesso ai maggiori costi del mercato all’ingrosso. In sostanza, a fronte di un differenziale complessivo del 25% circa (netto da imposte), non più del 15% è imputabile al diverso mix nazionale delle fonti di produzione; il resto è dovuto agli oneri di sistema. Senza un intervento sull’evoluzione degli oneri di sistema, il peso di questi potrebbe superare, entro due o tre anni, quello dovuto alla diversità dei mix di produzione.
 
L’azione dell’Autorità a sostegno delle rinnovabili
Nel rispetto del quadro normativo comunitario e nazionale vigente, attraverso successive consultazioni e confronti con gli operatori del settore, l’Autorità ha definito per la parte di sua competenza interventi di regolazione a sostegno delle rinnovabili prevedendo, fra l’altro, procedure semplificate per le connessioni alle reti di distribuzione; la risoluzione di eventuali controversie relative alla connessione alle reti attraverso un apposito Regolamento; procedure per il ritiro dedicato dell’energia elettrica verde, in alternativa alla partecipazione al libero mercato; procedure per lo scambio sul posto nel caso di piccoli impianti alimentati da fonti rinnovabili o cogenerativi ad alto rendimento. Abbiamo inoltre provveduto, mediante la definizione delle condizioni per il servizio di dispacciamento del gestore della rete elettrica nazionale, Terna, ad assicurare la priorità di dispacciamento delle rinnovabili (vale a dire l’utilizzo prioritario delle rinnovabili per la copertura del fabbisogno nazionale, compatibilmente con la sicurezza del sistema elettrico). Più nel dettaglio, per quanto riguarda le connessioni, abbiamo definito procedure standard, tempistiche di riferimento per l’iter di connessione, indennizzi automatici che i gestori di rete devono riconoscere ai richiedenti nel caso in cui tali tempistiche non vengano rispettate. Per quanto riguarda il ritiro dedicato dell’energia elettrica immessa in rete, abbiamo: individuato, come controparte contrattuale, un unico soggetto a livello nazionale (il Gse); definito condizioni standard; introdotto i cosiddetti prezzi minimi garantiti da applicarsi anche qualora i prezzi di mercato dovessero rivelarsi insufficienti a garantire la sopravvivenza dei piccoli impianti (di potenza fino a 1 MW) alimentati da rinnovabili.
Anche per quanto riguarda lo scambio sul posto abbiamo individuato, come controparte contrattuale, un unico soggetto nazionale (lo stesso Gse) e rivisto le regole, sostituendo alla compensazione fisica una compensazione economica; ciò per tenere conto del vero valore dell’energia elettrica nelle diverse ore del giorno e per fare in modo che lo scambio sul posto sia compatibile con le regole del libero mercato, evitando quindi che possa essere applicato solo nella maggior tutela.
Infine abbiamo pure definito una nuova regolamentazione tariffaria per promuovere gli investimenti in sistemi di automazione, protezione e controllo delle reti attive (smart grid) e, quindi, consentire un più ampio sviluppo della piccola generazione distribuita, specie da fonte rinnovabile.
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