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Un’agenda per la speranza

Il messaggio inviato da Benedetto XVI alla 45sima Settimana sociale – quella del centenario, svoltasi a Pistoia e a Pisa nel 2007 – ha un punto di forza nel richiamo alla necessità, oggi imprescindibile, di pensare al bene comune in un contesto di globalizzazione e quindi in un contesto di bonum commune universale. L’enciclica Caritas in veritate ha molto sviluppato questa dimensione, e perciò parla della crisi come di una occasione importante per cogliere le nuove opportunità create da questa spinta planetaria. Questo magistero di Papa Benedetto XVI ha costituito un orientamento fondamentale per la preparazione della 46esima Settimana sociale e per avere la giusta prospettiva in cui leggere e approfondire l’Agenda proposta, che solo così può essere un’agenda di speranza per il futuro del Paese.
Questa prospettiva è stata ampiamente espressa nel Documento preparatorio della prossima Settimana sociale di Reggio Calabria, partendo dalla Caritas in veritate.
 
«La carità e la verità ci pongono davanti a un impegno inedito e creativo, certamente molto vasto e complesso. Si tratta di dilatare la ragione e di renderla capace di conoscere e di orientare queste imponenti nuove dinamiche» (Caritas in veritate 33). Siamo così richiamati a «produrre un nuovo pensiero» e ad «esprimere nuove energie» (Cv 78), ad intraprendere un «discernimento» caratterizzato da «realismo» (Cv 21), a immaginare «soluzioni nuove» (Cv 32).
Ancora una volta abbiamo di fronte nuove “cose nuove” (Cv 11) da riconoscere ed entro le quali cercare le vie della verità dell’amore con realismo, coraggio e generosità. La responsabilità per il bene comune non ci pone fuori o contro il processo di globalizzazione, ma ci ricolloca al suo interno, e dentro questo processo ci propone un orientamento.
 
Sull’accelerazione della globalizzazione, nella nitida coscienza dei suoi rischi e delle sue sfide, l’esperienza dei cattolici e l’insegnamento sociale della Chiesa hanno maturato un giudizio di fondo positivo che l’enciclica Caritas in veritate esprime con grande chiarezza: «La novità principale [dei quarant’anni che ci separano dalla pubblicazione della Populorum progressio] è stata l’esplosione dell’interdipendenza planetaria, ormai comunemente nota come globalizzazione. Paolo VI l’aveva parzialmente prevista, ma i termini e l’impetuosità con cui essa si è evoluta sono sorprendenti. (…) Esso [quel processo] è stato il principale motore per l’uscita dal sottosviluppo di intere regioni e rappresenta di per sé una grande opportunità». Attraverso il riferimento a Paolo VI, si porta a maturazione un’intuizione straordinaria e tempestiva del Concilio Vaticano II.
La globalizzazione offre nuovi orizzonti e nuove possibilità all’amore.
Chi da cristiano si trova a vivere questo processo non può non essere interpellato dal doppio richiamo a cui Benedetto XVI ha dato voce proprio nei mesi in cui più dura si faceva la prova della crisi economico-finanziaria. In primo luogo, il processo di globalizzazione non mina la possibilità di continuare a pensare e perseguire lo sviluppo umano in tutte le sue dimensioni e con una portata sempre più inclusiva, anzi offre condizioni favorevoli che rendono più stringente la responsabilità che tutti abbiamo di spenderci in questa direzione (cfr Cv 21ss). In secondo luogo, la nuova situazione non rende desueto, ma anzi esalta il riferimento al bene comune (cfr Cv 6-7). Proprio questo processo rende infatti manifesta la non perseguibilità del bene comune se non in prospettive che diano il respiro necessario alle articolazioni della sussidiarietà e alle dinamiche della solidarietà (cfr Cv 57). È un doppio richiamo, il cui significato viene compreso sino in fondo solo se si coglie che alla sua radice sta, oggi più che mai, la questione relativa alla persona umana e alla sua dignità, che comincia con il rispetto della vita dal suo sorgere e attraversa ogni sua fase, sino alla morte naturale.
 
È un rispetto che si concretizza ulteriormente nel riconoscimento e nel sostegno della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo con una donna, istituzione fondamentale per ogni società che voglia crescere e svilupparsi, come avevano ben compreso i padri della nostra Carta costituzionale. La globalizzazione, come del resto ogni processo storico, non può assicurare automaticamente o per necessità la garanzia di quella dignità e il perseguimento del bene comune.
La direzione del bene comune è quella in cui crescono il valore e la realtà della vita umana, delle sue relazioni e delle sue differenze, persino delle sue fragilità. «La Chiesa propone con forza questo collegamento tra etica della vita e etica sociale nella consapevolezza che non può avere solide basi una società che – mentre afferma valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace – si contraddice radicalmente accettando e tollerando le più diverse forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata» (Cv 16). Come si vede, l’atteggiamento dell’Enciclica di fronte al processo di globalizzazione non è pregiudizialmente negativo, ma è tutt’altro che irenico o acritico. La proposta di fondo è quella di cercare l’uscita dalla crisi rivedendo radicalmente il modello di sviluppo e i criteri per valutarlo. Dalla globalizzazione ci viene la spinta a ragionare e progettare mantenendo ampio e aperto l’orizzonte di riferimento. Con lo sguardo attento al mondo e specialmente ai Paesi più poveri ci rendiamo conto che il superamento della crisi richiede a noi per primi un cambiamento di stili di vita. Ci attendono passaggi scomodi e difficili, ma ci rendiamo anche conto che solo così, non chiudendoci nella vana ricerca di un ritorno al passato, cosa che ci condannerebbe ad implodere ed essere vittime delle nostre chiusure, c’è speranza per noi e per gli altri. Solo se tutti avranno la possibilità di crescere e conoscere uno sviluppo autentico anche noi potremo riprendere a crescere e avere un ruolo significativo nel futuro del pianeta. Si pensi ad esempio al problema delle fonti energetiche, su cui si sofferma la Caritas in veritate, trattando di ecologia e di salvaguardia del Creato (nn. 48-51).
 
Non dobbiamo aver paura delle doglie del parto, perché la scommessa è quella di far venire alla luce un nuovo modello di sviluppo che ponga sempre l’uomo al centro.
È questo anche l’obiettivo che si propone modestamente l’Agenda preparata per la Settimana sociale di Reggio Calabria, offrendo interventi concreti che permettano di rimettere in moto una crescita del nostro Paese, non solo economica ma anche economica.


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