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Destrutturati e contenti

Attraverso i social network è possibile contribuire in modo attivo alla cura e alla condivisione dell’interesse comune, ovvero contribuire a quello che dovrebbe essere la politica.
L’affermazione deriva dall’esperienza diretta di chi scrive, coordinatore del network ClubIN, prova chiara, viva e sonora di come i social network possano essere uno strumento utile per sviluppare business. Il modello ClubIN prevede che le persone in contatto virtuale su LinkedIn si ritrovino anche fisicamente, allo scopo di portare beneficio alla propria attività professionale.
Si tratta quindi di capire se e come estendere il modello al beneficio dell’interesse comune.
Per spiegare il modello ClubIN occorre partire dalle forme associative tradizionali, caratterizzate dall’uso dei mezzi di comunicazione come semplici ausili. Fatta l’associazione, si comunica per posta cartacea, per telefono, per email, ecc.
Un limite di queste associazioni è legato alla difficoltà di allargare il raggio d´azione in modo sostenibile, di rinnovarsi trovando sempre nuovi stimoli, sovente con il risultato di una precoce sedimentazione attorno ad un nucleo ristretto di persone.
L´avvento di Internet e il suo uso secondo i canoni di quello che è passato con il concetto di Web 2.0 – l´utente protagonista ed attore, non semplice spettatore, il prosumer – ha reso più facile comunicare. In particolare, con la nascita e lo sviluppo delle piattaforme di social network (Facebook, LinkedIn, ecc.) è facilitato l’incontro virtuale tra coloro che condividono i medesimi valori ed interessi.
 
Questa modalità di incontro ha una peculiarità: il filtro sulla partecipazione lo fa il gruppo che, automaticamente, mette ai margini chi non è affine. C’è quindi un criterio di autoregolamentazione fortemente democratico e trasparente. Ulteriore elemento di forza è costituito dalla semplicità di rigenerazione: se i valori fondanti sono ampiamente condivisi, le persone si rinnovano con facilità attorno a questi, così come attorno ai nuovi temi che salgono continuamente all’attualità.
Con i social network si può quindi partire da una rete di persone per costruire un contenitore di idee da cui si può alimentare la rete di persone stessa, che a sua volta dà nuova linfa al contenitore, innescando così un circolo virtuoso che finalizza e coinvolge.
Nato sulla base di questi presupposti, ClubIN è oggi un contenitore di idee che coinvolge circa 15mila persone che scelgono di fare rete adottando comportamenti collaborativi basati su rapporti di fiducia e correttezza; che si impegnano ad avere rapporti trasparenti, semplici e diretti, sancibili sia con una stretta di mano, sia con un link virtuale; che mettono passione in ciò che fanno, dando una visione positiva del mondo del business; che concorrono per contribuire ad un’azione collettiva con somma positiva, con uno spirito di mutualità; che si impegnano a rispettare ogni differenza culturale ed economica.
È serenamente accettato il fatto che una persona vale per la sua rete di relazioni, eliminando quel velo di ipocrisia, per cui cercare di avere successo grazie alle conoscenze sia qualcosa di poco nobile, a patto di meritarlo.
È data dignità a tutto ciò che accade in modo destrutturato, parallelamente a ciò che accade secondo canoni formalizzati e codificati. È così che l’informazione assume più valore quando confermata o commentata dai destinatari del messaggio. È così che chi ha qualità e successo viene pubblicamente e direttamente riconosciuto.
 
Tutto ciò premesso, ci potrebbe essere una Politica 2.0? Che forma potrebbe avere? Si potrebbe innescare un circolo virtuoso tra chi amministra il bene pubblico e chi ne è partecipe e diretto? Si potrebbe avere un confronto costruttivo permanente? Si può sognare una spirale positiva in questo senso? Si può andare oltre il semplice uso di Internet e degli strumenti di social network solo in campagna elettorale? Si potrebbero ricreare in modo virtuale quelle che una volta erano le sedi locali dei partiti? Si potrebbe riportare la politica ad una forma di mediazione sociale e culturale?
Vista l’esperienza, il sentimento è quello di dire un sì deciso. Le tecnologie dell’informazione possono ribaltare questo Paese e farlo rimettere in moto, farlo correre. Molti processi sono ancora gestiti secondo modalità del secolo scorso. È possibile cambiare. È possibile fare il bene comune in modo comune.
È possibile sfruttare i social network per raggiungere e stimolare le persone, per coinvolgerle, per fare in modo che chi ha idee e volontà di mettersi in gioco non resti isolato, esaltando nel gruppo le proprie individualità, trovando valore dall’essere in relazione.
Dal contatto virtuale debole si può quindi passare a quello fisico e forte, consistente in un lavoro continuato nel tempo per distillare idee, per confrontarsi su queste, per far emergere le leadership, per far partire l’azione. La finestra virtuale deve essere sempre aperta, consentendo di sottoporre l’azione a rapida critica e verifica, raccogliendo sempre nuovi spunti, consentendo di mantenere un contatto tra chi ha deciso di guidare e chi ha dato questo incarico ad altri.
Nel pensiero tradizionale le fasi di un’azione complessa sono separate e ben distinte. In tutto ciò che è identificato con il suffisso 2.0 viene data dignità alle azioni che sorgono in modo destrutturato.
 
Nel contesto generale sempre più complesso e turbolento, il percorso per il raggiungimento di un obiettivo ha una rotta che va continuamente aggiornata. Procedendo in modo tradizionale, il rischio di accorgersi in ritardo di essere fuori rotta è enorme. Aprire una finestra virtuale al contributo destrutturato significa essere flessibili, significa sfruttare il collettivo per anticipare le correzioni di rotta.
Chiaramente il processo va governato con regole ed etica. Nella pratica del business questo già è stato fatto con successo; è frutto del lavoro di persone capaci, che hanno capito come sfruttare i social network per consentire agli individui di aprirsi in modo trasparente e pubblico ad una esperienza di differenza.
Come si potrebbe innescare questo circolo virtuoso in ambito politico? L’azione potrebbe partire dal basso o potrebbe essere stimolata magari da chi vive attualmente l’azione politica attiva in modo sofferente? Potrebbe celare il tanto auspicato rinnovamento di cui in molti sentiamo il bisogno?
Le risposte a questi interrogativi non sono univoche. Nell’esperienza attuale il mondo politico è percepito come qualcosa di enormemente distante da quelle che sono la realtà e la condivisione di valori sopra esposta, come qualcosa a sé stante e non in grado di aiutare, anzi, fortemente come qualcosa in grado di sottrarre. Motivo per cui viene quasi tenuto lontano.
Il modello c’è, è sperimentato, funziona. Il fatto che possa fare la differenza spetta sempre e comunque alle singole persone. Le persone capaci ci sono. La speranza anche.
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