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La differenza tra il debito buono e cattivo

Visto che il nostro non è il Paese del fare ma quello del dibattere, ci troviamo nuovamente a discutere di alcune proposte che auspicano la riduzione del debito pubblico tramite un’imposta patrimoniale di qualche tipo. Continuiamo così, facciamoci del male, direbbe Nanni Moretti. Continuiamo, aggiungo io, a gettare fumogeni nelle nebbie della politica economica italiana. Perché dunque a mio avviso è un dibattito non solo inutile ma dannoso? Per vari motivi.
Si basa su premesse sbagliate. “Dobbiamo aggredire con determinazione il debito pubblico”, sostiene sul Corriere della sera il solitamente lucidissimo Prof. Capaldo. In realtà poche righe dopo il Professore chiarisce come abbia in mente, con la sua proposta di patrimoniale, il dimezzamento del rapporto debito pubblico-Pil. Ora, si dà il caso che un alto rapporto debito pubblico-Pil non abbia niente a che vedere con un alto livello di debito pubblico. Niente. Un alto livello di debito pubblico-Pil può essere sia dovuto ad un alto debito che ad una bassa crescita economica. Un Paese con un debito basso potrebbe avere un debito pubblico su Pil molto alto se non sa crescere economicamente. E quindi, mi verrebbe da dire, se proprio in Italia qualcosa dobbiamo aggredire con determinazione, per ridurre il rapporto debito pubblico-Pil, sarebbe proprio la bassa crescita del Paese dell’ultimo decennio. E questo significa, in una fase di recessione come quella che attanaglia oggi tante famiglie in difficoltà economica, moderare (altro che rilanciare!) il crollo dei consumi. E come? Un solo modo c’è. Tassando di meno, ovvero facendo più debito e non meno.
Si basa ed utilizza dati non interpretabili inequivocabilmente. Certo, si argomenterà, è vero che così (indebitarsi di più) hanno fatto tanti Paesi durante questa crisi (in primis gli Stati Uniti), ma noi non possiamo farlo perché abbiamo… un rapporto debito-Pil alto. E allora? Qual è il problema? Forse perché pensiamo che i mercati finanziari alzeranno i tassi ulteriormente se dovessimo espandere il nostro indebitamento? E chi dice che gli alti tassi che ci carica oggi il mercato internazionale non siano dovuti non tanto all’alto debito ma alla bassa capacità, ormai dimostrata da quasi un ventennio di stagnazione, del Belpaese di generare le risorse per ripagare il debito? In fondo non è forse vero che quando si presta ad un’azienda mediamente indebitata con basse prospettive di crescita si rischia di più che non nel prestare ad una azienda altamente indebitata ma che ha appena brevettato un’invenzione che garantirà ampi utili ai suoi azionisti?
 
Sottostima le conseguenze. Notate infatti come una proposta di patrimoniale che riducesse oggi il nostro debito pubblico scaricandone l’impatto sui bilanci delle famiglie italiane non farebbe altro che trasferire risorse da queste ultime alle banche estere, detentrici in larga misura dei Btb italiani, tutelando la loro ricchezza finanziaria a scapito di quella dei cittadini. Famiglie italiane che finirebbero per assomigliare molto a quei cittadini greci che erano scesi in piazza arrabbiatissimi perché avevano ben capito le implicazioni redistributive (per loro negative) di quel piano di salvataggio europeo dei detentori di titoli greci, ovvero di salvataggio delle banche… tedesche in primis, basato su tagli di stipendi ai dipendenti pubblici ed aumento delle tasse. Se siamo così preoccupati e ansiosi di volere ridurre il nostro debito un metodo semplicissimo c’è: basta consolidare il debito. Non ripagarlo. Se questa soluzione ci scandalizza è forse perché ci teniamo a salvare le banche tedesche? E perché mai queste dovrebbero “valere di più” delle famiglie su cui imporre la patrimoniale?
Ma poi, che logica sbagliata! Ogni volta che si grida al lupo al lupo per il debito, si gridano le stesse disperanti sciocchezze economiche. Speriamo che un giorno si smetta di credere al Pierino di turno e non si sprechi del tempo ad ascoltarlo. Quali sciocchezze? Prima: “Le somme impiegate per il pagamento degli interessi sono sottratte all’economia”: falso. Il pagamento degli interessi sul debito è compensato esattamente dagli interessi che il contribuente è messo in condizione di guadagnare grazie al differimento del carico fiscale. Seconda: “Il debito porta via risorse e ridurlo le libera”: falso. Lo Stato non consuma denaro per il semplice fatto di chiederlo a prestito; ogni euro che lo Stato ottiene in prestito viene immediatamente reso disponibile in modo che possa essere nuovamente girato ai privati. Lo Stato chiede soldi (con tasse o debito) per spendere. Terzo: “Il peso del debito rallenta il ritmo di sviluppo dell’economia”: falso. Il ricorso al credito da parte dello Stato non consuma nulla. Ciò che consuma risorse è la spesa pubblica. Se lo Stato acquista, pagando in contanti, un milione di tonnellate di acciaio, sarà disponibile un milione di tonnellate d’acciaio in meno per il settore privato. Quello che conta è cosa ci compra lo Stato, con queste risorse che vengano dalle tasse o dal debito: se ci compra acciaio per fare ponti utili, l’economia crescerà; se ci compra acciaio che butterà nell’oceano, l’economia rallenterà.
 
Ma, si dirà, nella favola Pierino che gridava al lupo al lupo aveva ragione. E lo si è lasciato sbranare non venendogli in soccorso. Bene, verissimo. Allora insegniamo a Pierino a gridare al lupo solo davanti al lupo vero. Per questo val la pena fargli qualche lezione di economia e spiegargli che un Paese non è mai morto di troppi debiti, ma solo quando non ha saputo utilizzare le risorse di cui ha potuto disporre, non scommettendo sul futuro investendole bene e tradendo la fiducia di chi quelle risorse gli aveva consegnato. Si chiama declino di una civiltà.
Quando avrà capito la lezione, il nostro Pierino italico comincerà a gridare, ma stavolta per le giuste ragioni: perché noterà davanti a sé uno Stato che, con o senza debito, sta buttando al vento le risorse di tanti che lavorano e che – sotto forma di tasse o di prestito – le trasferiscono a dei governanti di svariate provenienze politiche che non si curano di investirle propriamente. Pierino urla, e urla a ragione, perché vede che molti di questi uomini o donne, i più volenterosi e meritevoli, stanno lasciando il Paese e non torneranno mai più. Lasceremo che il lupo della mediocrità e della stagnazione divori Pierino o correremo a salvarlo, da bravi cacciatori, squartando la vera ed unica bestiaccia, pretendendone trasparenza, efficacia e integrità?

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