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Scenari a confronto

La scena politica italiana pare sempre più caratterizzarsi da elementi di profonda incertezza. L’epoca di ipotesi bipolari, se non perfino bipartitiche, di cui tanto si era discusso nell’immediata vigilia delle elezioni del 2008, sembra oggi definitivamente tramontata: le due coalizioni di centrodestra e centrosinistra, nelle consultazioni successive, hanno infatti visto ridursi di molto le scelte di voto a loro favore; sia nei risultati elettorali che negli orientamenti di voto, gli stessi due partiti “a vocazione maggioritaria” (Pdl e Pd) si sono trovati a rappresentare poco più del 50% dell’elettorato attivo, perdendo quasi 20 punti percentuali della rappresentanza che avevano soltanto due anni orsono; l’affacciarsi infine sulla scena del Terzo Polo ha costretto gli analisti a rivedere la tesi, forse affrettata, di una progressiva trasformazione del quadro politico italiano in senso più compiutamente “europeo”, con la presenza sul mercato elettorale di due grandi forze pivotali, con a fianco qualche piccola formazione satellite.
Lo stesso Terzo Polo sembra poi vittima di un paradosso. Da un lato, un elettorato italiano sempre più disilluso dal bipolarismo, risultato di fatto incapace di produrre governi coesi ed efficaci, appare disposto ad investire su una nuova offerta politica che si collochi in posizione mediana fra gli attuali centrodestra e centrosinistra, in quantità che – a seconda dei sondaggi – oscillano fra il 14 e il 20%. Dall’altro, le forze politiche di più antica (Udc) e recente costituzione (Fli e Api), che ambiscono ad occupare quello spazio, non hanno ancora maturato il progetto politico e la leadership necessari a rispondere con successo alle aspettative di quell´elettorato.
Allo stato attuale, quali sono gli scenari di voto e i conseguenti equilibri parlamentari che possiamo aspettarci nei prossimi mesi?
E quale potrebbe essere l’impatto della presenza del Terzo Polo? Infine, possiamo ipotizzare un effettivo tramonto dell’epoca bipolare, oppure potremmo andare incontro ad una sua riconfigurazione? Prenderemo in considerazione tre ipotesi di offerta coalizionale, tre differenti scenari di voto, analizzandone l’appeal presso l’elettorato e le conseguenze del voto in termini di configurazione della rappresentanza parlamentare e di efficacia governativa.
 
1. Centrosinistra/centro/centrodestra.
È la classica tripartizione dell’offerta politica, che vede unirsi da una parte tutti i partiti della sinistra (dalla vecchia Rifondazione, al Sel di Vendola, a Di Pietro fino al Pd, oltre ai partiti minori), dall’altra quelli di destra dell’attuale compagine governativa (Pdl, Lega e la Destra), con al centro il Nuovo Polo formato da Udc, Fli, Api e Mpa. Dal punto di vista elettorale, questo scenario dovrebbe trasformarsi in un testa-a-testa tra destra e sinistra, con un’attuale leggera prevalenza di quest’ultima coalizione (v.fig.1); grazie al premio nazionale, alla Camera non ci saranno problemi di formazione della maggioranza, ma è quasi certo che, con la presenza del Terzo Polo (molto forte soprattutto nel Mezzogiorno), sarà impossibile avere in Senato una maggioranza forte di una o l’altra delle due maggiori coalizioni.
In una situazione così configurata, diviene dunque essenziale per tutti – per poter governare – stabilire un’alleanza organica con la formazione centrista, o quanto meno con alcune delle sue componenti. Il ruolo del Terzo Polo appare qui essenziale, e potrebbe divenire un nuovo ago della bilancia per permettere possibili governi, anche alternati, di centrodestra ovvero di centrosinistra.
 
2. Sinistra/centrosinistra/destra.
È la situazione, dipinta in particolare da Rutelli, in cui il Pd sceglie l’ipotesi di alleanza con il centro di Casini, in aperto dissidio con Di Pietro, mentre Fli, a seguito della sostituzione di Berlusconi con Tremonti (o Formigoni, o Maroni, o addirittura con lo stesso Fini) alla guida dell’attuale compagine di governo, rientrerebbe nell’antica maggioranza.
La sinistra avrebbe come leader indiscusso Nichi Vendola. Dal punto di vista elettorale, questo scenario vedrebbe di nuovo un testa-a-testa tra destra e centrosinistra, con un’attuale leggera prevalenza della prima coalizione; in questo caso, sia alla Camera che al Senato, non dovrebbero esserci problemi per quanto riguarda la formazione di maggioranze stabili. Ma è certo la soluzione meno probabile, almeno in tempi brevi, poiché significherebbe la definitiva estromissione di Berlusconi dalla scena politica.
Dal punto di visto del sistema politico, si tornerebbe di fatto ad una riedizione di una sorta di bipolarismo, con l’aggiunta della presenza fortemente antagonista di una coalizione di sinistra radicale, che nelle ultime consultazioni non era riuscita di poco ad entrare in Parlamento.
 
3. Grande alleanza/centrodestra.
È quest’ultima l’ipotesi molto caldeggiata da D’Alema e da alcuni altri esponenti del Pd, e ultimamente anche da altri leader politici di centro. Vedrebbe tutti i partiti (dal Sel di Vendola al Fli di Fini) uniti in una sorta di riedizione della Costituente, in funzione anti-berlusconiana, dove l’obiettivo vero sarebbe quello di far ripartire il Paese dotandosi di regole comuni per realizzare le principali riforme economico-sociali e quella elettorale. Dal punto di vista elettorale, la “grande coalizione” non dovrebbe avere particolari difficoltà ad ottenere la maggioranza sia alla Camera che al Senato.
Le vere perplessità riguardano la sua effettiva capacità di governo, vista l’eterogeneità delle forze politiche che la compongono; se anche funzionasse, sarebbe comunque un governo di transizione, destinato a durare un paio d’anni per poi tornare al voto con un nuovo assetto, e dovrebbe essere guidato da una figura di sicura garanzia istituzionale (una sorta di nuovo Ciampi) che riuscisse ad evitare l’inevitabile clima di litigiosità.
È facile notare come, in almeno due scenari su tre, l’iniziativa politica del Terzo Polo sia in grado di risultare protagonista nell’avvio di una nuova fase. E come, facendo leva sulla potenziale disponibilità di un elettorato ormai disilluso e scontento delle performance bipolari, possa nei fatti favorire il superamento del bipolarismo e il ritorno ad una sistema di rappresentanza di tipo proporzionale. Con ciò, la conclusione della lunga stagione della Seconda repubblica, trascorsa nel segno del berlusconismo, porterebbe con sé anche la fine dell’Italia “modello Westminster”.


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