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Se ‘lo Stato è il problema’

L’Italia è stretta da un debito pubblico a 13 cifre che equivale a circa 31mila euro per ogni italiano e aumenta di 1.685 euro ogni secondo. Esso è il risultato di una “cultura della spesa” che impera nel nostro Paese. Sull’Italia di oggi, gravano un eccesso di norme e un eccesso di debito. L’una cosa e l’altra però non possono trovare soluzioni eclatanti
in provvedimenti di carattere “straordinario”, quale un’imposta patrimoniale
Da alcuni mesi, l’Istituto Bruno Leoni ha attivato un “orologio conta-debito”: un sorta di “contatore”, che gira a ritmo vorticoso sulla nostra pagina web e su quella di chiunque ritenga di volerlo integrare nel proprio sito, per stimare l’aumento in tempo reale del debito pubblico italiano.
L’orologio aggiorna ogni 3 secondi la nostra stima dello stock di debito, che si basa su – e viene continuamente corretta con – i rapporti mensili della Banca d’Italia. In questo modo vogliamo aiutare i cittadini a capire cosa si intende, quando si dice che siamo gravati di un debito pari a quasi il 120% del prodotto interno lordo.
Questo debito a 13 cifre (pari a circa 1843 miliardi di euro secondo l’ultima stima ufficiale, riferita al 31 dicembre 2010) equivale a circa 31mila euro per ogni italiano, inclusi neonati e ultracentenari, ovvero 80mila euro per ogni occupato.
Tra gennaio e dicembre 2010 il debito pubblico è aumentato di 52 miliardi di euro, più di 4,4 miliardi al mese, 145 milioni al giorno, 6 milioni di euro all’ora, 101.122 euro al minuto. Ogni secondo, questo debito immenso è cresciuto di 1685 euro, grossomodo il reddito mensile di una famiglia media.
Perché un’iniziativa di questo genere? Abbiamo pensato che valesse la pena rendere possibile a ogni cittadino italiano visualizzare l’ammontare del debito pubblico: non nella forma arcana e sibillina del rapporto fra debito e Pil, ma in tutta la sua ingombrante evidenza. Al “clock” in valore assoluto, si accompagna un contatore “pro-capite”.
 
Non si tratta, purtroppo, di un debito che possiamo estinguere individualmente, perché non l’abbiamo contratto volontariamente, come persone, come singoli, ma è l’eredità di cinquant’anni di scelte politiche dissennate. Il debito pubblico italiano è il risultato di una “cultura della spesa” che ha impregnato di sé tutte le forze politiche, radicandovi profondamente l’idea che due fossero le soluzioni universali a qualsiasi problema del Paese: fare una legge, aumentare la spesa pubblica.
Sull’Italia di oggi, gravano un eccesso di norme e un eccesso di debito.
L’una cosa e l’altra però non possono trovare soluzioni eclatanti, in provvedimenti di carattere “straordinario” (quale un´imposta patrimoniale). I prelievi “straordinari” non hanno posto un argine al dilagare del debito, perché non si è inciso permanentemente sulla spesa pubblica.
Le “ghigliottine” non hanno sistemato il caos normativo in cui il Paese è inghiottito, perché hanno agito solo sullo stock e non anche sul flusso della produzione normativa.
Mai come oggi, oltre la cortina fumogena di fatti politici convulsi e di discussioni sempre più esagitate, si avverte la necessità di una nuova cultura politica.
“Lo Stato non è la soluzione dei problemi, lo Stato è il problema”, ebbe a dire una volta Ronald Reagan. Qualsiasi discussione sul debito pubblico che non accetti di partire di qui, semplicemente, non è seria.


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