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Prospettive old age care

La situazione demografica in Europa sta subendo radicali cambiamenti. Le prospettive di durata della vita si allungano e la popolazione, in generale, invecchia. In Italia tale fenomeno si sta evidenziando in modo ancora più rilevante; il nostro Paese è oggi considerato, infatti, tra i più vecchi al mondo.
L’aspettativa di vita in Italia al 2008, secondo il Rapporto nazionale sulle condizioni ed il pensiero degli anziani, è in media 80,1 anni (media Ue 75,1), rispettivamente 83,2 per le donne e 77,1 per gli uomini, mentre le persone con più di 65 anni rappresentano oltre il 20% della popolazione.
Secondo l’indagine Istat del 2007, 2,6 milioni di disabili vivono in famiglia, pari al 4,8% della popolazione di cui 2 milioni sono anziani. È facilmente riscontrabile una stretta correlazione tra non autosufficienza e invecchiamento, come dimostra l’indagine Istat multiscopo 2004-2005 per cui circa il 18,5% degli over 65 (2,1 milioni di persone) riporta una condizione di totale non autosufficienza.
Tale processo di invecchiamento comporta inevitabilmente nuove necessità nell’ambito dell’assistenza sanitaria: cambiano i bisogni, aumenta la domanda e con essa aumentano le spese sanitarie.
Secondo i dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato, la spesa pubblica per gli anziani non autosufficienti, anno 2007, è pari a 17,3 miliardi di euro, cioè 1,13% del Pil (di cui 0,46% di componente sanitaria ossia assistenza residenziale, semiresidenziale, ambulatoriale, domiciliare e lungodegenza, 0,54% di indennità di accompagnamento, 0,13% di componente comunale-Sad). In più, va considerato che i non autosufficienti cronici utilizzano le strutture ospedaliere, dunque va aggiunto almeno un altro punto percentuale del Pil. Ciò vuol dire che un quarto della spesa sanitaria e socio-sanitaria-assistenziale è legato alla cronicità e alla non autosufficienza.
 
Essa è ancora trattata in modo diverso nelle diverse Regioni italiane. Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia hanno buone performance su assistenza domiciliare e residenziale, mentre Calabria, Campania, Sicilia e Puglia hanno bassi livelli di assistenza soprattutto residenziale.
Rispetto ad altri Paesi europei, l’Italia è troppo sbilanciata verso i trasferimenti monetari, in quanto la spesa per la Long term care (Ltc) è del 42%, contro il 14% della Norvegia e il 24% della Germania.
Inoltre, in quasi tutti i Paesi europei viene richiesto un contributo all’utente che copre in media il 10-25% dei costi dei servizi domiciliari e dal 30% al 70% dei servizi residenziali. C’è da sottolineare però che anche in Europa spesso non esistono politiche nazionali, ma soprattutto regionali e locali. L’assistenza domiciliare impegna un quarto delle risorse della Ltc e l’1,08% della spesa sanitaria.
 
In base ai dati Istat, il Servizio sanitario nazionale si fa carico mediamente nelle strutture residenziali per anziani del 43,6% della spesa, le famiglie coprono il 47,1%, i Comuni il 9,3%.
Il rapporto sulla non autosufficienza 2010 evidenzia la necessaria integrazione delle politiche sociali con quelle socio-sanitarie al fine di assicurare continuità nell’assitenza. Ciò coinvolge soggetti diversi come famiglie, strutture territoriali, ma anche Stato, Regioni e Comuni.
Date le dimensioni del problema, il suddetto Rapporto segnala come occorra una strategia nazionale sulla non autosufficienza di cui si deve far carico lo Stato con la fiscalità dopo aver razionalizzato la spesa assistenziale italiana oggi dispersa in mille rivoli; evidenzia, in linea generale, l’urgenza della questione, ma sottolinea come sia necessario valutarla nell’ambito di un disegno strategico di riordino complessivo dell’intero sistema di assistenza, disegno che oggi pare ancora assente. Così, alla luce del federalismo attuato o in attuazione, invita a chiedersi quanto lo Stato possa influenzare l’operato delle Regioni in tema di assistenza socio-sanitaria e quanto il federalismo in sé possa contribuire a sviluppare una disomogeneità territoriale già molto marcata.
 
Considerando che nell’ambito del welfare, l’area di spesa che sembra essere destinata a crescere – in relazione al già detto costante invecchiamento della popolazione – appare quella per i servizi e prestazioni socio-sanitarie contro il rischio di non autosufficienza, il problema è di enormi dimensioni.
L’azione di regolamentazione iniziata con il decreto Turco del 2008 e continuata dal ministro Sacconi nel 2009 ha riconosciuto l’Assistenza sanitaria integrativa come secondo pilastro del nostro sistema sanitario. Inoltre, con il decreto “Sacconi” vengono definiti gli ambiti d’intervento entro cui si devono muovere i Fondi e le Casse di natura negoziale e viene stabilito che, a partire dall’anno gestionale 2010, questi riservino almeno il 20% del totale delle risorse destinate all’assistenza degli iscritti, non solo alle prestazioni odontoiatriche, ma anche all’assistenza socio-sanitaria in particolare a favore dei soggetti non autosufficienti, al fine di garantire alle aziende e agli iscritti di godere dei benefici fiscali.
 
Anche il Fasi, il Fondo di assistenza sanitaria integrativa per i dirigenti di aziende industriali, da me rappresentato, che ha assistito, nel corso del 2010, 307.817 persone di cui 61.681 dirigenti in servizio, 68.805 dirigenti in pensione e 177.331 familiari si è mosso in tal senso. Anche se questi sono dati non ancora consolidati, da essi si può evincere come l’invecchiamento della popolazione e, in generale, i cambiamenti demografici incidano chiaramente anche nel settore della sanità integrativa in quanto il rapporto tra attivi e pensionati, almeno per il Fasi, è di circa 0,90. Per la tutela dei soggetti non autosufficienti in particolare, già dal 1° maggio 2005, il Fasi ha stipulato un accordo con una società assicurativa.
Dal 1° gennaio 2010 sono state migliorate le garanzie previste, relativamente alle prestazioni di assistenza medica infermieristica/sanitaria, per le quali l’intervento economico è di euro 750, per ciascun mese di assistenza, e fino ad un massimo di 270 giorni. Ulteriori garanzie previste a tutela della non autosufficienza sono: l’invio di un infermiere professionale post ricovero; l’assistenza professionale domiciliare; il reperimento e l’invio di un medico d’urgenza o di uno specialista a domicilio; il reperimento e l’invio di un’ambulanza nei casi di urgenza.


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