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Atlantico largo, un abisso per l’Italia

La politica estera di un Paese è la sua carta d’identità, il suo passaporto.
Per quanto intriganti possono apparire le trame di palazzo, nulla è più fondante e fondamentale delle relazioni internazionali. Dopo la lunga e nefasta parentesi del fascismo, il nostro Paese ha potuto risollevarsi grazie anzitutto al rapporto di amicizia con i nostri “liberatori”, gli Usa.
È stato De Gasperi, il vero padre della democrazia repubblicana italiana, a promuovere una partnership atlantica che avesse un valore strategico e non occasionale. Lo stesso statista dc, avendo vissuto la tragedia del conflitto mondiale, sapeva che la pace non poteva ridursi a mero ideale, ma che necessitava di una costruzione politica. L’Unione europea è nata così, dalla lungimirante visione di uomini come De Gasperi, Adenauer e Schumann. Questo immenso patrimonio di storia recente rischia non solo di finire nell’oblìo di generazioni che non ricordano nemmeno i fatti del giorno precedente, ma addirittura di essere sepolto dalle macerie di chi, inseguendo miserevoli obiettivi egocentrici, sta mettendo in discussione tanto l’alleanza atlantica quanto il patto europeo.
 
Per i primi quarant’anni la repubblica italiana ha avuto un ruolo geopolitico notevole. Siamo stati il Paese frontiera fra occidente e oriente. Lo stesso radicamento del Partito comunista in Italia ha finito per esaltare la centralità di una nazione crocevia di interessi e di informazioni.
La nostra classe dirigente ha potuto quindi esibire la massima lealtà nei confronti degli Usa senza rinunciare ad una propria politica estera “eccentrica”, con ottimi rapporti – per esempio – con l’Olp di Arafat piuttosto che con la Libia di Gheddafi. Dentro un quadro di riferimenti molto chiari, il nostro Paese non ha mai rinunciato alla sua autonomia e alla sua sovranità nazionale. Fino al punto che, dopo la caduta del Muro di Berlino, certe posizioni (quelle impersonate soprattutto da Craxi) hanno destato nei nostri alleati sospetti e malumori tanto forti quanto eccessivi.
Il passaggio dalla Prima alla Seconda repubblica e la “scoperta” di una nuova formula politica, il centrodestra, ha trovato – non a caso – un elemento costitutivo proprio nel legame strettissimo con Stati Uniti e Israele. Più recentemente, Berlusconi ha voluto architettare una politica policentrica con attenzioni crescenti verso la Russia di Putin, l’Iran, la Libia, la Tunisia e la Turchia. Sino a poche settimane fa queste “relazioni pericolose” sono rimaste border-line e comunque non in aperto conflitto con l’alleanza atlantica. D’un tratto, con la crisi libica, è stato un crescendo di divaricazione con i nostri partner storici e con la stessa Unione europea. L’aver messo in discussione – anche soltanto come minaccia retorica – la partecipazione alle missioni estere o l’adesione alla Ue ha messo l’Italia all’angolo del mondo. Una scelta grave, miope ed irresponsabile.


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