Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

La tutela dell’interesse nazionale

L’Italia è una media potenza sul piano geopolitico, ma è una potenza di primaria grandezza a livello globale in ambito economico, produttivo e culturale e tutela direttamente i propri interessi globali all’interno di coalizioni e aggregazioni multinazionali, esercitando, anche sul piano operativo, una significativa influenza in diverse aree “calde” del pianeta (Balcani, Afghanistan e Nordafrica, per esempio).
Sul piano della sicurezza dei confini, il rapporto con gli Usa e con la Nato è di eccezionale valenza strategica, anche se la fine del confronto est-ovest ha imposto la ridefinizione del ruolo e delle funzioni della cooperazione transatlantica rispetto ad un contesto internazionale profondamente mutato e suscettibile di continue trasformazioni.
Sono stati soprattutto gli avvenimenti successivi al 1999 (l’attentato alle Torri gemelle e l’emergere del terrorismo internazionale di matrice jihadista, le operazioni militari in Afghanistan e Iraq, l’allargamento a est della Nato, i progetti di una difesa autonoma europea) a rendere necessario un aggiornamento strategico dell’Alleanza. La riflessione interalleata sul significato e sui compiti della Nato si è resa ancora più necessaria in seguito all’insediamento nel 2009 dell’amministrazione di Barack Obama, maggiormente orientata, rispetto a quella Bush, a sfruttare i vantaggi della cooperazione internazionale e delle capacità dei sistemi di intelligence.
 
La Nato persegue attualmente un’agenda molto più complessa di quella di un tempo – non essendo più soltanto un’alleanza centrata sulla difesa militare dei confini dei Paesi membri – ma punta alla prevenzione e al contrasto delle minacce alla sicurezza alleata originatesi anche a migliaia di chilometri di distanza. In questa agenda rientrano, per esempio, tanto la tutela degli agglomerati metropolitani e dell’incolumità fisica dei cittadini dagli attacchi terroristici, quanto la protezione delle infrastrutture critiche (trasporti, produzione energetica, nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione).
La Nato, in questa sua strategia, infine dovrà procedere secondo il modello delle interlocking institution, integrando la propria azione con quella politico-diplomatica di altre organizzazioni internazionali, come l’Unione europea. Una cooperazione fortemente strutturata Nato-Ue è fondamentale in questo senso, anche perché è funzionale alla riduzione delle rivalità interstatali, in particolare con la Russia.
 
L’Italia deve necessariamente inscrivere il proprio raggio d’azione all’interno di un grande progetto europeo condiviso, potenziando la visione organica degli interessi europei e il perseguimento di una capacità dell’Europa in politica estera e militare. La soluzione della crisi del Nordafrica della vicenda libica può costituire il banco di prova di questa strategia anche perché il rischio di precipitare in una situazione di stallo è piuttosto concreto. Quanto sta avvenendo nel Maghreb, in Medio Oriente e nella Penisola araba, si inserisce all’interno di un’onda lunga dagli esiti imprevedibili. Se nel 1989 la Germania dopo la caduta del Muro fu in grado di imporre all’Europa una politica di espansione geopolitica ed economica verso est, così l’Italia, in questa circostanza, deve tentare di imporre una analoga agenda in chiave mediterranea. È essenziale a tal fine “registrare” correttamente il rapporto con la Francia: al di là del protagonismo francese degli ultimi tempi, Italia e Francia nei prossimi mesi dovranno ricercare una convergenza strategica, secondo codici e formule condivise, rispetto alle modalità di risoluzione della crisi geopolitica e militare in atto.
 
L’Italia è un Paese fortemente integrato nell’economia internazionale. L’export italiano rappresenta il 3,3% del totale mondiale ed i prodotti italiani sono destinati ai mercati di tutto il pianeta. Gli stakeholder ed i gruppi industriali nazionali operano stabilmente sulle principali piazze borsistiche del pianeta.
Il sistema nazionale potrà continuare a generare ricchezza e valore aggiunto se le variabili esterne – stabilità dei prezzi petroliferi e dei mercati delle materie prime – non muteranno a causa di inattese oscillazioni dei prezzi, conflitti e sommovimenti repentini di popolazione, emergenze umanitarie, catastrofi ambientali, improvvise bolle speculative e immobiliari.
Il ruolo dell’intelligence, soprattutto di quella economica, è fondamentale nell’elaborazione di scenari informativi e predittivi attendibili, in grado di orientare quanti si occupano di disegnare le principali politiche economiche nazionali e le scelte delle imprese export-oriented. Occorrerà pertanto implementare un nuovo modello organizzativo dell’intelligence classica, arricchendolo di competenze e figure professionali in grado di analizzare i processi di trasformazione strutturale delle economie mondiali e di interpretare correttamente gli effetti della globalizzazione sociale, economica e finanziaria, nonché dei sommovimenti culturali e religiosi delle popolazioni del pianeta, persino gli effetti dei mutamenti di carattere climatico e ambientale.
 
Il nuovo modello di intelligence dovrà sempre più offrire informazioni in ordine alla selezione dei mercati di riferimento delle imprese nazionali o supportare il sistema produttivo con tecniche avanzate di competitive intelligence, soprattutto per il possibile insorgere di conflitti e tensioni tra Stati e holding multinazionali concorrenti. Infine, occorrerà fare chiarezza anche sul piano normativo e giuridico a livello transnazionale, soprattutto per quanto riguarda la tutela delle ragioni e degli interessi di ogni singolo Stato, ragioni che dovranno obbedire a criteri di maggiore reciprocità. Prendiamo il recente caso Parmalat-Lactalis: è illusorio pensare di applicare in maniera rigida delle regole costrittive o dei meccanismi di stampo protezionistico al libero gioco della concorrenza in ambito finanziario europeo e internazionale. Tuttavia, è doveroso in casi come questo rivendicare con convinzione il principio di reciprocità. Tradotto sul piano pratico significa che la Francia non può innalzare il vessillo della nazionalità francese delle imprese quando queste diventano contendibili e quello del libero mercato quando si tratta di aggredire mercati extranazionali o scalare imprese straniere in Borsa.
×

Iscriviti alla newsletter