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Il glamour fa bene ai musei

Perché sembra così strano il fatto che sia diventato popolare andare a un vernissage, visitare un museo, acquistare arte contemporanea, frequentare gallerie d’arte e fiere?
Non credo che l’arte contemporanea sia una moda. Almeno che non sia una moda nata oggi.
Da sempre il mondo che ruota intorno all’espressione contemporanea raccoglie esponenti di ambiti diversi, a volte trasversali, fatto che ne costituisce la ricchezza e lo rende interessante. Ciò che realmente è diverso rispetto al passato è la modalità di comunicazione, la facilità con cui veniamo informati di tutto ha radicalmente cambiato la percezione di un mondo un tempo decisamente più élitario come quello dell’arte contemporanea. La bulimia della nostra società per tutto quello che è immagine, in qualche modo ha sovraesposto l’attività degli artisti, dei musei, delle gallerie, rendendoli decisamente più conosciuti, rendendo reale alla fine la grande intuizione e lezione di Andy Warhol. Se a questo si aggiunge anche il fatto che i confini tra i settori sono diventati sempre più fluidi e che oggi è molto facile che un artista venga incuriosito ed entri in contatto diretto con la moda, la pubblicità, il design, è facile comprendere come più che di moda si possa parlare di una generale osmosi dei campi, in cui ognuno trae ispirazione dagli altri.
 
Credo sia stata proprio questa sovraesposizione a far sorgere il dubbio che quello per l’arte contemporanea non sia un reale interesse, ma semplicemente il trend del momento. Tuttavia la moda è anche il motore di questo interesse e non penso si debba necessariamente giudicarla un male: se andare in un museo d’arte contemporanea a vedere la mostra di un artista emergente viene considerato glamour ben venga per i musei! E se tra tutte le persone che vanno a vedere una mostra per moda, ce ne sono alcune che vengono colpite dal lavoro di un artista, questa è decisamente una buona notizia!
I modi per avvicinarsi alla cultura possono essere tortuosi e essi stessi “creativi” ma non ce ne sono di giusti o sbagliati, l’importante alla fine è il risultato, e la cosa importante è che il messaggio dell’arte arrivi. In questo senso diventa fondamentale il lavoro svolto dai musei e da tutti quei soggetti pubblici e privati che si occupano di arte contemporanea.
 
Anche se ho parlato di osmosi tra i campi questo non vuol dire che la creatività contemporanea si serva di un unico linguaggio, e il linguaggio dell’arte passa per codici che vanno in qualche modo resi intellegibili al pubblico, per non rischiare di rivolgersi soltanto agli addetti ai lavori e allargare il più possibile la portata del suo messaggio.
L’arte prodotta oggi appartiene e parla al nostro tempo perché è in grado di creare spazi di relazione e di interrogazione con le persone che la guardano e la vivono in qualunque spazio pubblico o privato. La contemporaneità infatti non è solo in chi l’opera la crea, ma anche in chi la espone e soprattutto in chi la guarda, ci si relaziona e si lascia attraversare. E il punto è proprio questo: lavorare su questo rapporto, rendere possibile il legame con le opere e con gli artisti anche da parte di chi ha percorsi diversi e certamente modalità di fruizione meno strutturate. Fondamentale in questo senso è il tempo: i tempi della relazione tra opera e spettatore, tra spettatore e autore, tra autore e opera: un’opera è contemporanea quando una combinazione di questi tempi si realizza.
Con il lavoro che faccio e con i miei collaboratori mi trovo spesso a riflettere su questi temi e anche, naturalmente, sulle molteplici possibilità di veicolarne i messaggi e soprattutto la molteplicità di sensibilità che costituiscono la loro ricchezza.
 
La contemporaneità, non mi stancherò mai di ripeterlo, ha forme diverse, radicate nel passato e proiettate nel futuro, e credo sia necessario non tradire nessuna delle sue anime: glamour, impegnata, suggestiva, educativa o ludica che sia, anime talvolta perfino intrecciate in un’unica ricerca o in un unico lavoro. Queste caratteristiche che a voler vedere sono sotto gli occhi di tutti, io credo siano la spinta principale dell’interesse che essa suscita negli ultimi anni. Per interesse intendo anche le naturali polemiche che talvolta si sviluppano intorno agli eventi che la riguardano: le polemiche sono in ogni caso il frutto di un dialogo instaurato, di un rapporto, talvolta sterile purtroppo, ma più spesso costruttivo. Tornando alla domanda iniziale, quindi: moda e interesse! Perché, forse è di moda interessarsi dell’attualità, perché ci siamo dentro, ma anche interesse chiamiamolo “intellettuale” perché dell’attualità siamo parte e verso di essa siamo spinti per conoscere, sentire e comprendere quello che ci circonda. Come direttore di museo, ma prima di tutto come persona amante dell’arte (tutta!) mi riconosco fermamente nelle parole di Ezio Raimondi quando afferma che «l’arte non rappresenta il contenuto di un’epoca ma dà contenuto a un’epoca».
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