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Il test dell’Europa in Nordafrica

La reazione europea alle rivoluzioni di portata storica che stanno interessando il Nordafrica è oscillata tra l’esultanza e la paura. Il naturale impulso a festeggiare e sostenere la democratizzazione nel bacino del Mediterraneo è stata temperata dalle preoccupazioni che la crisi possa riversarsi sulle spiagge dell’Europa. Qualche leader ha invocato il Piano Marshall che seguì la Seconda guerra mondiale come modello per un intervento su larga scala dell’Europa a sostegno dello sviluppo regionale, al fine di garantire sostenibilità della trasformazione democratica e generare benefici di lungo periodo, sia economici sia politici, per il Vecchio continente. Ma la reazione più diffusa è stata molto più timorosa: i media e i politici in tutta l’Unione sono oggi ossessionati dalla minaccia di ondate di immigrati alle frontiere. Questo pericolo non va preso alla leggera. Di già la controversia sugli immigrati tunisini in Italia ha aperto delle falle nel consenso politico alla base della libertà di movimento nell’area Schengen. La guerra in Libia, nel frattempo, può spingere molte altre migliaia di civili a scappare dalla violenza e a cercare protezione internazionale. Gestire questo grande aumento di rifugiati richiederà all’Unione europea il rafforzamento della capacità di offrire protezione temporanea – e forse a riconsiderare il funzionamento complessivo del suo asylum system.
 
Un elemento positivo è costituito dal fatto che l’Unione si sta muovendo verso un approccio comune alla sicurezza delle frontiere, come è particolarmente evidente con l’espansione dell’agenzia frontaliera Frontex. Ma se l’Europa stessa si lascerà logorare da questa crisi di breve periodo, il rischio sarà perdere una straordinaria opportunità di lungo periodo. Sfruttando questo momento con acume strategico, la Ue avrebbe la possibilità di ricostruire le sue relazioni con il sud Mediterraneo (come è stato ribattezzato) per promuovere un cambiamento generazionale e uno sviluppo che siano anche nell’interesse dell’Europa. Il modo migliore per alleviare le paure europee e prevenire l’immigrazione incontrollata è di stabilire incentivi positivi, e strumenti pratici che spingano i potenziali emigrati a restare a casa – in modo particolare, creando posti di lavoro nella sponda sud del Mediterraneo. In fondo, la grande maggioranza degli emigrati lascia la propria terra a malincuore.
 
Ma al tempo stesso, dato che in questo decennio vi sarà un pensionamento di massa dei baby boomer del continente, l’Europa avrà bisogno di lavoratori in tutte le posizioni. La sponda sud del Mediterraneo potrebbe essere la fonte di questa manodopera, vista la sua considerevole “gobba” giovanile. Il punto sarà garantire agli immigrati la possibilità di acquisire le competenze richieste dalle imprese europee, e di spostarsi in modo sicuro, legale ed ordinato. Politiche che aiutano la prossima generazione di nordafricani, consentendo loro di muoversi con maggiore libertà tra l’Europa e i loro Paesi, sono una risposta molto più intelligente rispetto all’approccio corrente, che favorisce l’immigrazione illegale senza rispondere alla domanda di lavoro dell’Europa. È un argomento a favore di una migliore immigrazione, non di più immigrazione – un’immigrazione ben concepita e pianificata. Naturalmente, se l’Europa aiuterà il Nordafrica a costruire democrazie sostenibili e prospere, questo sarebbe il migliore deterrente di lungo periodo all’immigrazione illegale.
 
Vale la pena ricordare che cinquant’anni fa la maggior parte degli immigrati in Europa settentrionale proveniva da Italia, Grecia, Portogallo e Spagna. Quando questi Paesi cominciarono a conoscere la prosperità, gli emigrati ritornarono a casa: alla fine quei Paesi divennero centri propulsori della crescita europea, e destinazioni importanti per le esportazioni di Germania, Francia e altri Paesi membri della Ue. Lo stesso arco di sviluppo può e deve essere disegnato per il sud Mediterraneo. Per fortuna in anni recenti la ricerca sui flussi migratori e sulle dinamiche di sviluppo ha contribuito allo sviluppo di una serie di strumenti politici che l’Europa dovrebbe tenere in considerazione. Gli esperti e i legislatori hanno progettato molti programmi innovativi, tra cui rimesse a basso costo, rafforzamento dei legami tra diaspora e madrepatria, e iniziative per aiutare lavoratori qualificati a trovare un lavoro adatto, in modo che chirurghi esperti non si ritrovino a guidare taxi. Per ricostituire un quadro di relazioni tra Ue e sponda sud dovremmo cercare di attingere a queste idee nel modo più ampio possibile. Per connettere positivamente le nostre comunità, dovremmo prendere in seria considerazione la liberalizzazione degli scambi commerciali, aprire nuovi corridoi per l’immigrazione legale e aumentare notevolmente il numero di studenti che da questa regione viene in Europa per studiare e ricevere un’istruzione professionale. In fondo, è stata la gioventù nordafricana, in patria e all’estero, che con la sua idea di libertà ha dato un contributo fondamentale all’abbattimento delle dittature in Egitto e Tunisia.
 
Ora i loro talenti e le loro energie dovrebbero essere coltivati e stimolati per ricostruire le società di appartenenza. Sfide e opportunità del momento richiedono, come risposta, che si crei una forte partnership tra Stati, istituzioni internazionali e attori non governativi. Fin dalla sua nascita nel 2006, il Forum mondiale sulle migrazioni e lo sviluppo ha messo a punto una piattaforma assai utile al dialogo tra Stati ed altri attori interessati a questi temi. Le sue sessioni plenarie a cadenza annuale facilitano lo scambio di esperienze e buone pratiche in un modo che trascende il tradizionale asse conflittuale nord-sud. Tra gli altri cambiamenti che ha stimolato, il Forum ha spinto i governi a comprendere in termini più olistici il fenomeno, e a sviluppare un approccio complessivo alle opportunità e ai rischi che solleva. Ha anche messo in luce l’importanza, in termini di sviluppo, di proteggere i diritti degli immigrati e di combattere l’immigrazione illegale. Il Forum mondiale ha fatto il suo lavoro, ha creato e promosso idee che possono rendere l’immigrazione un fenomeno positivo tanto per i Paesi di origine quanto per quelli di destinazione. È ora davvero tempo che queste idee siano implementate. Non ci potrebbe essere occasione migliore che questa cruciale e strategica finestra che si apre nella storia d’Europa e della sponda sud del Mediterraneo. Se non cogliamo questo momento per agire, la storia potrebbe scavalcarci.
 
Project Syndicate, 2011. Traduzione di Marco Andrea Ciaccia


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