Skip to main content

Deficit di ossigeno (politico)

Un collasso. Guardato con le lenti di un dottore, questa sarebbe con ogni probabilità la diagnosi del paziente occidente. Dagli Stati Uniti all’Europa, la condizione prolungata e intensa di stress da crisi ha annebbiato la capacità di analisi e di intervento delle classi dirigenti. Le situazioni da gestire non sono semplici e gli interventi da mettere in campo certamente non meno banali. Tuttavia, l’impressione che sia diminuita la quantità di ossigeno, ovvero di pensiero politico, è forte. Gli Usa ballano pericolosamente sul ciglio di un baratro chiamato default. Eppure repubblicani e democratrici litigano manco fossero in Italia: fra pochi mesi prende il via il grande circo delle elezioni presidenziali e il feeling con i propri elettori ha la meglio.
 
In Belgio sono trascorsi oltre quattrocento giorni senza che vi sia un governo in carica e ormai il fatto non fa più notizia. L’accanimento della Ue nel tentare il salvataggio della Grecia continua a non produrre gli effetti sperati. Il “contagio” intanto prosegue e miete nuove vittime. Italia inclusa. Anzi, Italia first.
I mercati finanziari non fanno politica e non hanno ambizione di scegliere i governi. Tuttavia non possono non valutare l’impatto degli esecutivi dei singoli Stati nel momento in cui sono chiamati a comprare il debito sovrano di quel Paese. Nel 2012 andrà a scadenza una parte assai rilevante del debito pubblico italiano. Allora, ancora più che in queste ore, il Belpaese dovrà presentarsi con le carte in regola. La manovra approvata recentemente ha tamponato una ferita ma non l’ha sanata. Le ondate speculative che si sono abbattute sull’Italia hanno persino quasi azzerato gli effetti positivi che il governo si proponeva. Lo spread fra i Btp e i Bund tedeschi misurano con una certa precisione qual è la fiducia del mercato nei nostri confronti. Tanto più è alto lo spread, tanto è bassa la fiducia. E poiché il differenziale fra noi e i tedeschi è al massimo, la conseguenza politica è presto detta.
 
Qualcuno potrebbe obiettare che Borse, agenzie di rating, banche d’affari e investitori finanziari appartengono ad un mondo infetto esso stesso e che quindi non possiamo subordinare la nostra sovranità democratica alle loro pagelle. È parzialmente vero. Nel senso che chi governa deve avere una visione di lungo periodo e non può cadere nella tentazione di alimentare una sorta di schema Ponzi in cui la priorità è soddisfare (solo formalmente) i mercati. I bilanci pubblici devono essere amministrati come un’azienda che deve essere profittevole per le generazioni successive e non nell’immediato. Allo stesso modo però non si possono scaricare i debiti su chi viene dopo. Serve equilibrio, bilanciamento. E paradossalmente oggi i mercati chiedono questo. Credibilità e sostenibilità. Qualità che, non fa piacere ammetterlo, per numerose e diverse ragioni, questo governo italiano non è in grado di soddisfare. È necessario uno sforzo politico di coraggio e fantasia. In caso contrario, nessuno si lamenti della tecnocrazia che verrà.


×

Iscriviti alla newsletter