Skip to main content

La narrazione possibile

Per individuare una strategia di conquista degli elettori moderati bisogna partire dai cambiamenti nell’offerta politica e nel comportamento elettorale degli ultimi due decenni. Dalla metà degli anni Novanta anche il nostro Paese ha visto un allentamento dei tradizionali ancoraggi del voto (classe e religione), con l’entrata in campo di nuovi partiti, di nuove regole elettorali, di una diversa strutturazione (bipolare) dell’offerta politica. È cresciuto il peso di fattori di breve periodo (influenza dei leader, preferenze sui temi, esposizione alla campagna elettorale) rispetto a fattori di lungo periodo (quali genere, generazione, istruzione, classe, religione e territorio). Questo non vuol dire che le appartenenze politiche non contino più, ma che fattori di contesto come la proposta politica, la struttura delle alleanze, l’immagine e il rendimento effettivo dei partiti al governo e all’opposizione, siano in grado di attivare le appartenenze politiche latenti degli elettori. Inoltre nel passaggio al nuovo sistema partitico post Tangentopoli, si è avuta una considerevole diminuzione degli elettori che si definiscono di centro e spesso sono gli elettori meno interessati alla politica a rifugiarsi in questa categoria (o in quella dei non collocati).
 
Studi recenti mostrano una crescita del livello di mobilità individuale di voto (comprendente i passaggi di voto inter-partitici e dell’area del non voto), che coinvolge una percentuale tra il 35 e il 45% degli aventi diritto voto (nella Prima repubblica non superava il 20%).
A questi cambiamenti e meccanismi di comportamento non sfuggono gli elettori moderati che, per la loro posizione mediana nello schieramento politico, sono divenuti “terreno di conquista” in un sistema tuttora bipolare (e non bipartitico) come quello italiano. Ad oggi non esiste un vero e proprio partito dei moderati (come è stata la Democrazia cristiana), ma vi è la possibilità di scegliere uno dei partiti dei due nuovi poli più vicino al centro (Pd e Pdl) e, recentemente, il Terzo polo promosso da Udc e Fli. Quest’ultimo soggetto ha scommesso proprio sulla stanchezza degli elettori moderati verso i toni dello scontro politico tra le coalizioni guidate da Pdl e Pd.
Il sistema bipolare non ha fatto scomparire gli elettori moderati, ma li ha frammentati e come dimostra la ricerca di Lorien Consulting pubblicata in questo numero si autocollocano a destra, centro e sinistra con caratteristiche socio-demografiche molto differenti e difficilmente compatibili.
 
Alla conquista degli elettori moderati
Si può quindi ipotizzare una strategia di conquista degli elettori moderati?
A mio avviso serve un approccio strategico, che impieghi strumenti e tecniche del marketing politico per individuare l’organizzazione e l’offerta politica ottimale ad andare incontro a richieste ed esigenze degli elettori. Questo approccio prevede di individuare in primo luogo i segmenti di elettorato utili al raggiungimento di uno specifico obiettivo, poi di scegliere il posizionamento più adatto per attirare la loro attenzione e conquistarne il consenso, e infine di sviluppare il “prodotto” che si vuole “far acquistare” agli elettori. Si tratta di un’inversione a 360 gradi rispetto all’approccio tradizionale di partiti e candidati, che parte dall’elaborazione di proposte e programmi in base alla propria tradizione politica e solo in un secondo momento si preoccupa di come comunicarli. Un simile approccio non permette di cogliere con rapidità i cambiamenti nei bisogni dell’elettorato e tratta la comunicazione come attività accessoria e non strategica, come una ciliegina sulla torta invece che come suo ingrediente fondamentale.
 
Nuovi elettori moderati, nuova narrazione
Come abbiamo visto non esiste un solo elettore moderato, ma ne esistono diversi. Per scegliere una strategia di conquista degli elettori moderati bisogna quindi operare delle scelte (quali moderati), comprendere i fattori prevalenti nella loro scelta di voto ed identificare strumenti e messaggi più efficaci a raggiungerli. Bisogna cercare un tema/messaggio unificante in grado di catturare l’attenzione e il sostegno della maggior parte dei vari profili di elettori etichettabili come moderati e temi/messaggi specifici rivolti a gruppi di elettori con caratteristiche omogenee e ritenuti importanti ai fini del consenso complessivo.
Sarebbe un errore pensare che per conquistare gli elettori moderati serva un ritorno al passato invece della capacità di innovare il linguaggio e lo stile, di superare la logica partigiana nell’interesse generale, di fare appello a temi imperativi invece che a temi posizionali: mentre i primi uniscono, i secondi dividono; si tratta di passare dal “cosa” (gli elettori si dividono su alternative di policy), al “chi” (gli elettori sono chiamati a scegliere il leader/soggetto politico più adatto a risolvere i problemi e che condivide gli stessi valori).
 
Bisogna essere in grado di dare risposte efficaci, che riguardino le preoccupazioni concrete, non basta autonominarsi rappresentanti della classe media o degli elettori moderati. La crisi economica ha visto aumentare le preoccupazioni di larga parte del ceto medio che teme di perdere terreno e di scivolare verso un peggioramento delle condizioni socio economiche. Quando gli elettori sono ansiosi o scontenti perché l’economia va a rilento, sono più propensi a disertare passando a sostenere nuovi partiti e candidati e a valutare le posizioni assunte sulle questioni importanti. Si tratta evidentemente del caso italiano dove le ultime elezioni amministrative hanno punito la coalizione al governo e premiato in particolar modo candidati nuovi e percepiti come outsider in grado di portare cambiamento.
Come sostiene Westen la persuasione politica è una questione di reti e di racconti, la chiave vincente è rappresentata dalla capacità di formulare messaggi che siano un appello emotivo agli interessi degli elettori: ciò che è meglio per loro e la loro famiglia, i loro valori, quello che per loro è moralmente importante.
In conclusione lo scenario politico italiano è così instabile e in mutamento da offrire spazio a nuove proposte politiche. Serve però una forte capacità di visione e un piano strategico che consideri il contesto attuale come una variabile da modificare e non come una costante da accettare.


×

Iscriviti alla newsletter