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Radicali liberi (e forti)

La crisi economica, l’avanzare lento ma continuo della frontiera della povertà, lo stupore per una sregolatezza – quella del capo del governo – che supera i limiti della fantasia. Il risveglio dal torpore può essere traumatico. In Italia, la quantità e la qualità dei messaggi propagandati dai mezzi d’informazione non favoriscono la comprensione esatta di quel che ci sta accadendo, e forse di quello che è già successo. Il nostro Paese assomiglia a Pinocchio, un personaggio di legno eppure animato. Pur baciato da un incantesimo magico, si lascia ingannare da Lucignolo. Da una illusione di massa che non a caso diventa un format televisivo e quindi un modus vivendi di una (parte di) nazione. Il successo facile, il mix esplosivo fra sesso e ricchezza condito dall’esibizione o dalla mancanza di freni inibitori. Una sindrome che vede protagonisti i potenti o gli aspiranti tali, ma anche un modello accolto, nella migliore delle ipotesi, da una generalizzata accondiscendenza. Come nel personaggio della favola, dopo l’ubriacatura e i balocchi spuntano le orecchie da somaro. Nella realtà, però, non c’è la Fata turchina ad aiutare Pinocchio-Italia e la riabilitazione passa solo dalla capacità, del Paese e di ciascuno, di ritrovare quel senso di dignità perso nell’obnubilamento dei valori civili e morali.
 
Non è il momento delle vuote formule politiche e neppure delle narrazioni buoniste o, peggio, antagoniste. In questi mesi, in questi anni, la domanda di polis è già molto cambiata, anche se in pochi se ne sono accorti. Non è questione di marketing. Siamo noi. Una parte sempre più rilevante di cittadini non si riconosce più nello specchio deformato di una televisione banalmente commerciale e nei simboli di comitati elettorali che con troppa generosità chiamiamo, sbagliando, partiti. Si tratta del “popolo moderato” deluso o, come accade in altri Paesi, sono gli indignados? In attesa che i sociologi sfornino le loro ricerche e magari qualche neologismo, suggeriamo di non pensare che i moderati non possano essere pure indignati. La reazione alla somma delle difficoltà e delle vergogne che stanno emergendo può trovare uno sfogo politico razionale oppure in un qualunquismo malpancista. Se prevale, come sta prevalendo, quest’ultimo sentimento allora davvero avremo poche chances di farcela.
 
Dal 2001 si almanacca, senza successo, del “dopo”. Ora si tratta di andare “oltre”. Una fase si è inevitabilmente chiusa. Possiamo pure corrucciarci e dividerci attorno ad una persona. Ma la storia ci ha già superato. Gli italiani, una fetta consistente, lo hanno compreso e attendono un progetto coerente, non un sogno o un salvatore della patria. Scriverlo e interpretarlo quel progetto non è una missione impossibile. Bisogna lavorare seriamente, ma anche avere il coraggio di prendere posizioni nette, chiare. Di offrire una soluzione, e non un largo accrocchio. Se essere moderati significa restare in superficie ed essere radicali vuol dire andare in profondità, alla radice, allora non abbiamo dubbi: necessitiamo di una politica radicale. Se possibile, di ispirazione cristiana.


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