Skip to main content

Svegliare la bella addormentata

L’edilizia può essere la bella addormentata che, se risvegliata in termini nuovi, può far da traino alla ripresa del Paese. Trattata male, può anche essere la strega cattiva che distribuisce mele avvelenate.
In questa estate 2011 la comunità internazionale ha posto anche al nostro Paese alcune questioni, che si aggiungono ad altre agende già presenti. Nessuno di questi problemi è unicamente italiano; ma per ciascuno di questi c’è una specificità italiana. Al di là delle misure immediate che è stato necessario adottare, emergono i temi della crescita, della credibilità del Paese, in una prospettiva, rispetto al passato, di risorse scarse e comunque decrescenti. Non ha avuto grande evidenza, in queste convulse settimane, il tema della sostenibilità: ma sarebbe un grave errore ignorarlo, perché si tratta invece di un ingrediente fondamentale sia per la crescita sia per la credibilità, ed è dietro l’angolo (Europa 2020). L’edilizia rappresenta il 10% delle attività del Paese, se guardata in termini ristretti; più del 20%, se si includono le attività di filiera che vi confluiscono (si vedano le pubblicazioni Ance in proposito). Detto in termini semplificati, contribuisce per il 10-20% a crescita e credibilità (o alla mancanza di crescita e di credibilità). In che maniera?
 
La chiave di volta è la sostenibilità. L’edilizia è, intesa nel suo insieme, il macroambito che consuma più energia e risorse, e che corrispettivamente genera più emissioni e rifiuti. Molto più dell’industria, ben più dei trasporti. Innovare l’edilizia vuol dire innovare e trasformare una parte importante del Paese, con profonde implicazioni anche su altri settori (ad esempio il turismo). In tutti i Paesi più avanzati la nuova urbanistica e la nuova edilizia sono diventate il volano “sostenibile” dell’economia. In Paesi come Germania e nord scandinavo la sostenibilità nell’edilizia rappresenta da decenni una componente centrale dell’innovazione e della competitività; Paesi con diversa tradizione, come gli Stati Uniti, l’Inghilterra, o la Francia ne stanno facendo proprio in questi anni uno dei perni del rilancio. La Francia in particolare, con il “Grenelle du batiment”, ha previsto di raggiungere gli obiettivi di Europa 2020 attraverso un piano decennale di interventi di riqualificazione edilizia e urbana (cioè anche a scala di quartiere, e non di singolo edificio); vengono ormai attivati quasi un milione di interventi ogni anno.
 
Il caso francese è interessante anche per un altro aspetto. In tutto il mondo, qualità e riqualificazione sono sinonimi di certificazione. Il dato interessante è che in generale (eccezione proprio la Francia) i sistemi di certificazione sono di origine pubblica; dovunque, anche in Germania, sono il prodotto di quelle particolari associazioni no-profit sorte un po’ dappertutto che sono i Gbc, i Green building council. Tuttavia, nel momento di lanciare il suo piano pluriennale, la Francia ha fatto una scelta di apertura. Tutti gli interventi di riqualificazione devono essere certificati; ma gli operatori, oltre al sistema francese Hqe, possono utilizzare in alternativa uno dei maggiori sistemi riconosciuti a livello internazionale, come l’inglese Breeam, il tedesco Dgnb, o l’americano Leed.
In altre parole, e tornando al nostro Paese, l’Italia, pur in un mondo aperto che ci scruta con attenzione, può scegliere di chiudersi, per quanto riguarda l’edilizia, e di ignorare le migliori pratiche internazionali. Può sembrare più facile; ma è come distribuire mele avvelenate, e la bella addormentata diventerà una strega cattiva. Oppure può accettare la sfida del mondo. Competitività, credibilità, crescita sono parole solo apparentemente astratte; nell’edilizia questi termini corrispondono alle sigle appena citate, forse un po’ strane per i non addetti, ma che sono la moneta corrente a livello internazionale. L’esempio francese parla chiaro; ma tutto il mondo, Paesi emergenti inclusi, parla ormai queste lingue.
 
L’Italia non parte da zero. L’associazione italiana che fa parte della rete mondiale dei Gbc, vale a dire Wgbc, conta più di 550 soci, che includono le più qualificate società di progettazione e ingegneria, tutte le più prestigiose Università del Paese e altre strutture (associazioni di categoria, ambientali, ecc.). Attraverso un intenso e qualificato lavoro su base volontaria – cioè a costo zero per la collettività – i soci di Gbc Italia hanno realizzato con successo l’adattamento italiano dello standard di sostenibilità più diffuso al mondo, vale a dire l’americano Leed (Leadership in energy and environmental design), che adesso, per le nuove costruzioni, è disponibile in italiano.
Tuttavia questo è un solo contributo. Il modello più adatto per la realtà italiana potrebbe essere una variante di quello francese: promuovere l’adozione diffusa e volontaria dei sistemi riconosciuti a livello internazionale. Vale a dire: la certificazione delle operazioni edilizie deve essere obbligatoria; ma il sistema da adottare lasciato alla libertà dell’operatore (anche se all’interno dei sistemi internazionalmente riconosciuti).
Non è nelle nuove costruzioni il futuro dell’edilizia, ma nella riqualificazione urbana e territoriale (vedi ancora una volta la Francia, ma anche Cameron e Obama). Ed è sulla riqualificazione (certificata) che si muovono e sono disponibili i fondi europei e internazionali.


×

Iscriviti alla newsletter