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Il movimento che serve al Paese

L’Italia è un Paese diviso, un Paese lacerato. Per ricreare una vera coesione sociale e nazionale è necessario farsi carico di un “nuovo patto fra gli italiani”, per liberare la Costituzione da quella gabbia ideologica in cui l’hanno imprigionata – strumentalizzandola e spesso stravolgendola – la cultura relativista, il giustizialismo, l’individualismo e il massimalismo.
Si tratta di una strada non facile e non scontata, ma è probabilmente un passaggio ineludibile per restituire fiducia ai cittadini e credibilità alla politica e alla classe dirigente. La credibilità della politica è, infatti, il problema principale che bisogna risolvere per porre i presupposti di una rinnovata crescita nazionale, di un nuovo sviluppo economico e sociale.
Pensare che la fine del berlusconismo possa coincidere con lo svanire delle posizioni di quelle forze che formano un blocco conservatore – che trae la propria forza soprattutto dal fatto di essere prepotentemente insediato nei principali gangli vitali del sistema nervoso della società italiana – è puramente illusorio. La proliferazione di “caste” e di “corporazioni” che affligge la società italiana è ormai strutturale e, come tale, deve essere affrontata e risolta: nel potere giudiziario, nella cultura, nei mass-media, nel sistema scolastico e universitario, in parte del sindacato (Cgil-Fiom), nel potere finanziario con ricadute all’interno dei partiti politici (tutti).
 
Oggi il sistema del bilanciamento dei poteri, che viene considerato la garanzia suprema della democrazia occidentale, in Italia non funziona più. E non funziona non solo perché la politica, ma anche le istituzioni dello Stato, stanno perdendo credibilità. I cittadini non si riconoscono più nello Stato: per questo è necessario un rinnovamento del patto fra gli italiani. I costi della politica sono tanto, e giustamente, contestati non solo perché sono troppo alti, ma soprattutto perché sono percepiti come inutili, se non addirittura dannosi, per la nostra comunità nazionale. La politica è per eccellenza lo spazio per la decisione e dovrebbe essere lo spazio della decisione in funzione dell’interesse generale e del bene comune. Ma oggi ci troviamo di fronte alla realtà che la politica e il Parlamento non sono più in grado di decidere per il bene comune. E può mai essere credibile, in Italia e nel contesto internazionale, uno Stato che non è in grado di decidere, che non ha più la forza e l’autorevolezza per perseguire l’interesse generale? Il Paese ha bisogno di un modello sociale che sia fondato su valori veri, che restituisca alle persone la possibilità di guardare al futuro con speranza. Stiamo vivendo la crisi del capitalismo dopo il crollo del comunismo e del marxismo e, quindi, occorre un nuovo progetto di sviluppo che abbia forti e coraggiosi connotati sociali e comunitari. Una crisi profonda che ha generato disoccupazione, emergenze sociali e nuove povertà che possono essere affrontate solo se si è in grado di dar vita ad un nuovo e diverso modello sociale.
 
In questo momento – come ha detto il prof. Ornaghi – sono necessari “partiti forti” o “forti e omogenei aggregati di partiti”. E un partito forte deve avere dietro sé un blocco sociale altrettanto forte e culturalmente omogeneo.
Un blocco sociale che ridia una voce politica a quel “mondo fatto di gente semplice e vera”, profondamente deluso da questa stagione politica e che rischia di non avere più punti di riferimento.
Il Forum delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro è nato dalla consapevolezza che il “noi” conta più di un solitario e autoreferenziale “io”, dall’esigenza di fare rete intorno ad un progetto che abbia come fondamento il bene comune. Siamo chiamati ad un nuovo protagonismo, ad una collettiva assunzione di responsabilità, per concorrere a rivitalizzare la qualità dell’azione sociale e dell’azione politica e a ricostruire un “sistema di valori” sui quali innestare una nuova fase di sviluppo. I valori cristiani rivendicano il proprio ruolo pubblico in quanto espressione di verità e quindi di razionalità e di piena umanità. Per questo motivo sono indispensabili per il bene comune e per una ragione pubblica che non voglia porsi come fondamentalista. A queste esigenze non si può dare realizzazione se non costruendo cultura, anche sociale e politica. Tenendo ben presente che lo sviluppo vero non può tenere separati i temi della giustizia sociale da quelli del rispetto della vita e della famiglia.
 
E l’idea centrale che sta alla base della nascita del Forum – la costruzione di un blocco sociale autenticamente riformista che abbia il suo centro e la sua anima nel perseguimento del bene comune ripartendo dal mondo cattolico – risponde proprio all’esigenza reale di superare l’immobilismo mortale e la paralisi, che impedisce alla società italiana di rinnovarsi per affrontare un’epoca storica nella quale pressoché tutto sta cambiando. Risponde ad un’esigenza reale perché si tratta di disaggregare un blocco sociale conservatore immobilista che nulla vuole cambiare per difendere i propri privilegi ed è forte, variegato e trasversale rispetto alla politica e alle istituzioni. Oggi in Italia, per quanto apparentemente possa apparire paradossale, una conseguente scelta riformista incisiva è la scelta più rivoluzionaria.
E l’idea della costruzione di un “blocco sociale riformista” è molto più ambiziosa ed incisiva di quella di dar vita ad un nuovo partito politico.
Non si tratta, infatti, di creare un nuovo partitino cattolico che vada ad arricchire il variegato panorama esistente, ma di suscitare un forte e profondo movimento culturale-sociale-politico capace di cambiare il Paese.


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