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Quel sentire comune che anticipa l’unità

Oggi il cattolicesimo politico è da interpretare con occhi nuovi, abbandonando i classici schemi della storiografia politica italiana. La dimensione politica unitaria del mondo cattolico è troppo spesso cercata e invocata senza guardare alla sostanza dei contenuti e alla formazione delle persone. Prima di giungere all’unità della dimensione politica è necessario ritrovare l’unità nel “sentire” da cattolici, nella spiritualità e nei valori da condividere. L’amore per il prossimo diventa nell’impegno politico “la più alta forma di carità cristiana”, secondo la formula di Paolo vi. Dovrebbe essere sufficiente questo per poter lasciare etichette e rendite di posizione e poter costruire un percorso politico unitario, cosa ben differente da un “unico” soggetto politico.
 
Non a caso, il 18 settembre 2011 a Verona, in chiusura della prima edizione del Festival della Dottrina sociale della Chiesa, il cardinale Bertone ha dedicato la sua lectio magistralis a “La spiritualità cristiana come modo di essere nel mondo per cambiarlo.” Il segretario di Stato ha affermato chiaramente che “la dimensione spirituale si configura, anche dal punto di vista teologico, secondo una prospettiva insieme verticale ed orizzontale. Verticale perché nasce e si nutre dell’incontro con Dio (…), orizzontale perché si traduce in senso relazionale e sociale, comunitario ed ecclesiale”. Parole intense, sufficienti a far capire la profondità e la responsabilità di un impegno in politica che parta da una ispirazione cristiana. I cattolici sono nel mondo, in questo caso nella Città, perché li guida l’amore che Gesù ha avuto per l’umanità.
 
Dunque è necessario capire se i credenti italiani, oggi, possiedono la stessa visione su concetti come bene comune, centralità della persona, vita dal concepimento alla morte, famiglia, libertà di educazione, sussidiarietà, principio di solidarietà e partecipazione. La dottrina sociale della Chiesa è un patrimonio da cui non possiamo prescindere, dato che questa unità non può poggiarsi su un afflato generico o peggio ancora su entusiasmo ed emotività.
Un esempio concreto da seguire viene dal terzo settore, dalle associazioni cristiane che costituiscono oggettivamente una parte insostituibile del tessuto civico italiano. Poche chiacchiere e molti fatti nelle latitudini dell’impegno di milioni di volontari e attivisti cattolici. Dagli studenti al mondo del lavoro, dal volontariato alle cooperative, dal supporto alle fasce deboli al sindacato, queste reti di prossimità testimoniano quotidianamente, molto spesso nel silenzio dei media, quanto la visione cristiana della vita sia presente nei loro cuori, prima ancora che nei rispettivi statuti associativi delle loro organizzazioni.
 
Mi ha sempre colpito e mi meraviglia perennemente la parte della liturgia “scambiatevi un segno di pace”. Per me ha sempre indicato l’universalità della Chiesa. Mi piace pensare, con una immagine semplice ma diretta, che i credenti pronti a impegnarsi nella Città sono pronti a dare la mano alla persona al loro fianco. È proprio la capacità di saper stare fra la gente, con la gente, che spesso differenzia l’impegno cristiano da altre forme di impegno. La militanza nelle differenti forme organizzate di società civile è una esperienza radicata di associazionismo cristiano, una quotidiana testimonianza di partecipazione alla res publica, base per un percorso che voglia guardare lontano e che non abbia il fiato corto delle improvvisate tattiche politiche odierne. Se gli strumenti già ci sono non dobbiamo aspettare ancora. Questo Paese ha bisogno ora di un impegno coerente dei cattolici.


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