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Clima, promesse Oltremanica

Ci sono problemi che si risolvono nel giro di pochi giorni, altri richiedono anni di impegno. Ma in un futuro distante, quando le crisi finanziarie e le tensioni sull’euro saranno solo un lontano ricordo, dovremo ancora far fronte alle conseguenze del cambiamento climatico. Una sfida di questa portata e complessità richiede un livello di cooperazione mai visto tra nazioni, partiti politici, nonché tra governi, imprese e cittadini. È questa la ragione che ha spinto alcune delle più importanti imprese britanniche, tra cui il gruppo bancario Lloyds, a unirsi nel Corporate leaders group sul cambiamento climatico promosso dal principe di Galles. In altre parole, ci siamo impegnati a cooperare su questo tema, e il nostro lavoro ad oggi è stato estremamente promettente: abbiamo appoggiato il Climate change act; abbiamo contribuito ad indicare obiettivi forti e scientificamente fondati per la riduzione delle emissioni; e abbiamo appoggiato tutti i diversi piani per la riduzione delle emissioni (Carbon budget), fino all’ultimo, il quarto.
 
Quando l’anno scorso si formò il governo di coalizione britannico, il primo ministro David Cameron diede un segnale incoraggiante, promettendo che questo sarebbe stato il “più verde esecutivo di sempre”. Se la promessa non sarà mantenuta, il nostro Paese rischia non solo di mancare gli obiettivi di riduzione delle emissioni, ma anche di perdere il treno per realizzare un’economia più forte, stabile e sostenibile. Uno degli atti più importanti, compiuto con l’incoraggiamento del Corporate leaders group, è stato far sì che il Regno Unito fosse il primo Paese ad avere fissato target vincolanti per legge di riduzione delle emissioni già per il decennio 2020-2030.
 
Ma rendere una promessa vincolante per legge è solo il primo passo per mantenerla, e da questo punto di vista c’è ancora molto lavoro da fare. Nel nostro nuovo report sulla strategia ambientale del governo (“Seize the day: a call to action for Uk climate leadership”), il Corporate leaders group ha identificato una serie di discrasie tra impegni e politiche attuali. Deve ancora emergere una strategia in grado di trasformare le aspirazioni in realtà, e ciò di cui abbiamo bisogno è una cornice politica semplice e chiara, che faccia della Gran Bretagna un’economia verde di avanguardia.
Per effettuare gli investimenti necessari le imprese richiederanno linee politiche coerenti e prevedibili. Sfortunatamente, abbiamo invece assistito a numerosi esempi di complessità e incoerenza – per esempio, il Piano di efficienza energetica (già Carbon reduction commitment). È giusto che il governo britannico utilizzi tutte le leve a sua disposizione – inclusa la tassazione – per scoraggiare l’inquinamento, tuttavia riteniamo che queste misure debbano essere collegate ad una strategia di lungo periodo per il cambiamento.
 
Cionondimeno, i risultati non sono mancati. Il “Green deal” del governo potrebbe divenire il modello di riferimento per l’incentivazione dell’efficienza energetica nel settore residenziale. E la Green investment bank di recente costituzione dovrebbe aiutare a sviluppare gli investimenti nel settore. Ma entrambi questi istituti, se vorranno avere un vero impatto, dovranno essere supportati da risorse adeguate e da una forte volontà politica.
Il cambiamento climatico è indubbiamente un’area di studio scientifico complessa, e le questioni che solleva possono essere altrettanto complesse. Molte domande aspettano ancora una risposta. Per esempio in che modo vengono calcolate e mitigate le emissioni incorporate nei manufatti? E, quando i manufatti passano la frontiera, chi paga i costi di mitigazione, il consumatore o il produttore?
 
Il problema non è solamente di complessità, ma anche di ambizione. Sfide di questa dimensione e portata necessitano di uno straordinario grado di cooperazione tra governo e imprese. Il cambiamento climatico rappresenta un fallimento di mercato; in queste circostanze, le imprese devono cooperare con i loro regolatori per cercare, ad esempio, di individuare meccanismi che siano in grado di attribuire correttamente un prezzo al carbonio.
I governi devono continuare a premere per un accordo multilaterale di riduzione delle emissioni. Ma in sua assenza comunque noi possiamo fare della Gran Bretagna un campione della tecnologia ambientale e un hub dell’imprenditorialità verde. In fondo, il cambiamento climatico è certamente un fallimento di mercato, ma è anche un increscioso che pure offre molte opportunità: nuovi modi di fare impresa, nuove tecnologie per mantenere i nostri livelli di vita, e nuovi modi di relazionarsi al consumo e alla produzione. Per la Gran Bretagna, è il momento giusto per rafforzare la leadership in questo campo.Certo, il Regno Unito è ancora in fase di ripresa da una profonda recessione; gli standard di vita sono stati intaccati dalla crisi finanziaria; e le tensioni sull’eurozona ci ricordano che c’è ancora molta turbolenza là fuori. Anche così, abbiamo l’opportunità di fare davvero la differenza. Sui rischi del cambiamento climatico, il governo di coalizione parla con una sola voce. L’opinione pubblica britannica riconosce che l’assenza di azione non è più accettabile. E la comunità imprenditoriale nazionale è determinata a fare la sua parte nell’affrontare il problema.
 
Il cambiamento climatico minaccia il nostro stile di vita, e noi dovremo fare alcuni aggiustamenti dolorosi nel corso dei prossimi anni e decenni. La strada da compiere sarà lunga, difficile e, con tutta probabilità, costosa. Ma è essenziale che tutti investano nel futuro.
Il nostro mondo, quello delle imprese, si è impegnato a continuare a investire e a creare opportunità per la maturazione ecologica della Gran Bretagna. Ma, se vogliamo avere successo, dobbiamo vedere lo stesso impegno da parte del governo. Anche negli altri Paesi il mondo economico dovrà vedere lo stesso livello di impegno e coerenza da parte dei rispettivi governi. È giunto il momento in cui tutti noi mostriamo la capacità di leadership necessaria per trasformare le solenni promesse sul cambiamento climatico in realtà.
 
© Project Syndicate 2011. Traduzione di Marco Andrea Ciaccia


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