ANTEPRIMA
La decisione della Corte costituzionale rappresenta ad un tempo un rischio e una nuova e straordinaria occasione politico-istituzionale. Vi è infatti il rischio che si parli solo di legge elettorale politica nazionale, ignorando che nella “cosiddetta” Prima repubblica vi fu un principio ispiratore elettorale unico, perché allora il processo di costruzione dell’unità europea non era neanche iniziato e non si immaginava che si potesse passare da una limitata autonomia regionale ad un sistema definibile come federale. Si era infine ancora molto indecisi sull’assetto del Senato della Repubblica.
Le diverse forze politiche presenti in Italia all’indomani della caduta del fascismo esprimevano di conseguenza sia una fortissima identità ideale per ciascuna di esse, sia una dimensione nazionale della sovranità che finiva con il far ritenere principio ispiratore comune per i pur diversi sistemi elettorali quello prevalente per le elezioni della Camera dei deputati.
Vi è però anche la straordinaria opportunità di elaborare un nuovo principio ispiratore, perché siamo oggi in presenza di notevoli mutamenti istituzionali. Il principio ispiratore comune al quale si fa riferimento deve tenere conto sia della scelta europeistica dell’Italia, sia della definizione dell’identità statuale italiana, sia della natura bicamerale o monocamerale del Parlamento nazionale, sia, in conclusione, della natura sostanzialmente parlamentare o presidenziale del sistema di governo.
Dopo il crollo dell’Urss, il processo di integrazione europea non ha infatti ancora trovato una sistemazione definitiva.
Per quel che concerne il tormentato passaggio da un sistema regionale – ancora fortemente centralizzato – ad un sistema federale, anche se da definire compiutamente, è evidente che il principio ispiratore comune non presuppone una uniformità di sistemi elettorali regionali.
Per quel che concerne infine il Senato della Repubblica, è di tutta evidenza che il suo sistema elettorale deve tener conto del fatto che si tratti di una camera sostanzialmente identica alla Camera dei deputati, oppure di una camera ispirata al Bundesrat tedesco, o che, infine, esso sia rappresentativo delle diverse comunità sociali e territoriali.
Siamo dunque in presenza di sostanziali modifiche costituzionali concernenti tutte l’idea di Italia che si ha in mente: parte di un contesto europeo da definire, anche con una sostanziale riduzione della sovranità nazionale? Soggetto superiore alle singole regioni, nel contesto del principio di unità ed indivisibilità della Repubblica? Oppure soggetto che si limita a riassumere gli elementi comuni alle sue diverse parti, come spesso la Lega nord ha affermato, in riferimento all’ipotesi di una confederazione italiana?
Occorre pertanto parlare certamente di nuova legge elettorale nazionale, essendo però consapevoli che questa non può riguardare soltanto la Camera dei deputati, come se gli altri problemi non esistessero.
Non occorre certamente immaginare una sorta di legge elettorale unica contenente le diverse sezioni (europea, nazionale, federale, regionale e locale); è necessario piuttosto che in ciascuna di queste partizioni ideali si sciolga un nodo che tutte le riguarda, quello del rapporto tra identità e governo.
È di tutta evidenza infatti che questa ultima questione di fondo può avere risposte diverse in contesti diversi.
Il contesto europeo può infatti evolvere nel senso di una confederazione di Stati nazionali, che abbiano peraltro rinunciato anche formalmente a parti essenziali della propria originaria sovranità, oppure nel senso della formazione di veri e propri Stati uniti d’Europa, con la sostanziale scomparsa degli Stati nazionali.
In entrambi i casi, si tratterebbe di decisioni di straordinario rilievo istituzionale, che comunque presuppongono la prosecuzione del processo di integrazione europea, in alternativa alla ipotesi di entità nazionali autonome e indipendenti l’una dall’altra.
Il contesto bicamerale – a sua volta – richiede lo scioglimento del nodo sulla natura del Senato, sia nel senso di una sua formale trasformazione federalistica, sia nel senso di una sostanziale riduzione dei suoi componenti, qualora si intenda conservare l’attuale bicameralismo politico nazionale.
Il contesto regionale – infine – richiede una definitiva decisione politica ed istituzionale sul passaggio dal regionalismo al federalismo, pur nel contesto della unità ed indivisibilità della Repubblica.
Per quel che concerne la vita dei Comuni, la questione di fondo è il mantenimento o meno del loro numero, con conseguenze evidenti per quel che riguarda l’assetto di governo di ciascuno di essi: i sistemi elettorali locali sarebbero infatti fortemente condizionati dall’esistenza o meno di aggregazioni di più Comuni.
La legge elettorale politica nazionale, di conseguenza, assume certamente un grande rilievo politico ed istituzionale, ma deve comunque poter essere assunta anche alla luce di queste distinte questioni che concernono aspetti diversi del sistema istituzionale, tutti peraltro incidenti sul significato stesso del rapporto che si finisce con l’instaurare tra Camera dei deputati e governo della Repubblica.
La preferenza per un sistema elettorale di modello, per così dire, tedesco finisce pertanto con l’essere una soluzione del tutto compatibile con la soluzione delle questioni costituzionali che si sono in precedenza esaminate, perché si tratterebbe di un sistema monocamerale e federale.
Per quel che concerne l’integrazione europea, la questione è davanti all’Italia non meno che davanti alla Germania, perché è di tutta evidenza che una Europa comune non potrebbe nascere senza l’uno o l’altro di questi due Stati.