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Mais oui, le spread et le Pil

Leggerete casualmente di alti dirigenti del Fondo Monetario Internazionale (italiani, e di valore) che esprimono le loro perplessità sulla capacità dell’Italia di farcela da sola e della necessità di manovre europee. Prontamente smentite, ovviamente.
 
Leggerete poi – toh, fonte nuovamente fonte Fondo Monetario – che una restrizione di politica fiscale (meno spesa, più tasse) può ALZARE e non ridurre gli spread se ad essa si accompagna un declino ulteriore del PIL: migliora l’avanzo primario per le maggiori tasse e le minori spese ma … indovina un po’? Peggiora il rapporto debito-PIL (a causa appunto dell’austerità che abbassa il denominatore PIL) e gli spread salgono.
 
PS: Ieri ero a cena con degli investitori americani che mi hanno detto la stessa cosa rovesciata: come scendono gli spread? Solo con una crescita immediata del PIL generata da …. più spesa pubblica.
 
Ah, mi scordavo di dire che il capo economista del Fondo Monetario Internazionale è Olivier Blanchard, professore al MIT di Boston, passaporto francese.
Che nel suo rapporto sostiene come “ulteriori restrizioni durante questo rallentamento potrebbero esacerbare piuttosto che alleviare le tensioni nei mercati via impatto negativo sulla crescita”. Rovesciate di nuovo questo bel linguaggio e leggereste che con appropriate espansioni di breve termine nella politica fiscale i mercati migliorerebbero e con loro gli spread via impatto positivo sulla crescita.
 
Era ora, qualcosa si muove.
 
Insomma com’è profondo il mare. Come spesso accade, il migliore alleato nelle battaglie epocali è a volte il meno atteso. Il francesissimo Fondo Monetario Internazionale di Christine Lagarde e del suo azionista principale Obama stanno giocando le loro carte per spingere la Merkel ad affiorare gentilmente e godersi il sole della crescita in acque tranquille. Prima che la corrente sposti tutti via in alto mare, balene, delfini e pescetti, nel turbinio di una tempesta che purtoppo potrà soltanto essere perfetta.
 

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