Quando si pone seriamente la domanda su che cosa esprima il senso storico del nostro tempo, vengono in mente tantissime originalità rispetto al passato, anche più recente: la caduta delle grandi ideologie, la fine della supremazia mondiale dell’occidente, la crisi economica globale, eccetera.
Non si è indotti a pensare, però, che l’energia contemporanea stia nella crescita di importanza politica che ha acquisito una particolare manifestazione dello spirito umano, forse la più distinta e incisiva: il “desiderio del sacro”. La religione, in effetti, era ritenuta dalle prime grandi teorie sociali del XIX secolo un residuo, un feticcio idolatrico, riscosso in eredità dal naturalismo degli albori e destinato ad essere superato dal progresso della scienza e dalla tecnica, ossia dalla nuova mentalità e cultura positivista.
È sufficiente scorrere anche solo i sommari dei più importanti scritti di Auguste Comte e di Emile Durkheim per poter constatare senza difficoltà quanto questa previsione tardo-illuminista fosse ritenuta vera e data per scontata.
Le religioni, per contro, oggi non solo non sono scomparse, ma sono tornate alla ribalta. E questa è, tra le tante rivoluzioni liquide, la più sensazionale e appariscente. In pochi anni, grazie ai processi migratori e alla perdita dei tradizionali confini etnici e nazionali, tutti hanno potuto vedere che le pratiche di culto sono in espansione perché profondamente radicate nell’umanità, spostandosi ovunque e convivendo tra loro.
L’idea, perciò, di fondare la tolleranza sull’estromissione della fede dalla vita pubblica e sul disconoscimento del diritto individuale a rapportarsi positivamente o negativamente con l’eterno è impossibile e sbagliata. Il risultato di tale sottrazione è, infatti, il dilagare dell’intolleranza e della violenza sulle minoranze religiose, perseguitate, secondo i casi, perché cristiane, musulmane o ebree.
La presenza dell’islam in Europa, alla fine, deve essere collocata e gestita in questo contesto post-moderno con la consapevolezza che mettere in democrazia nuove popolazioni è possibile unicamente rendendo reale la convivenza tra il loro credo e una cittadinanza responsabile.
D’altronde, niente è facile e niente è impossibile in politica. E se uno Stato civile non può essere confessionale senza perdere il principio costitutivo della sua laicità, è altrettanto vero che le leggi e le regole sociali devono essere abbastanza illuminate da riconoscere nel “rapporto con Dio” l’essenza stessa della libertà di coscienza e della tutela della dignità di ogni persona. È una questione di felicità, non di fede. Infatti, come diceva Ludwig Feuerbach, “la rappresentazione della divinità giunge fin dove arriva l’aspirazione di qualcuno alla beatitudine”.