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Libia, Italia condannata per i respingimenti

L´Italia è stata condannata oggi dalla Corte di Strasburgo dei diritti dell´Uomo per i respingimenti del 2009 verso la Libia. La Corte si è pronunciata sul “caso Hirsi”, riguardante 11 cittadini somali e 13 eritrei, rinvenendo due violazioni dell´articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell´uomo (divieto di trattamenti inumani e degradanti), l´articolo 13 (diritto a mezzi di ricorso effettivi) e l´articolo 4 del protocollo 4 (divieto di espulsioni collettive).
 
Secondo un comunicato della Corte, i giudici europei hanno concluso che la pressione migratoria in via di intensificazione “particolarmente complessa” nel contesto marino, “non esonera” gli Stati membri della Convenzione “dal loro obbligo di non allontanare una persona che rischi di subire trattamenti proibiti dall´art. 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti, ndr) dal paese di destinazione”.
 
La Corte ha anche respinto la argomentazioni italiane secondo cui la Libia sarebbe stato un luogo sicuro per i migranti, ricordando che “la realtà in Libia era notoria e facile da verificare all´epoca dei fatti” e che “l´ufficio dell´Alto commissariato dei rifugiati a Tripoli non è mai stato riconosciuto dal governo libico”. Anche nei paesi di origine dei ricorrenti, Somalia ed Eritrea, le informazioni disponibili fanno stato rispettivamente di “insicurezza generalizzata” e “rischi di tortura e detenzione in condizioni inumane”.
 
La Corte ha anche stabilito un nuovo princioio, essendo per la prima volta chiamata a esaminare un caso di allontanamento coatto compiuto al di fuori dal territorio di uno Stato (cioè in mare). Analizzando l´articolo 4 del protocollo 4 (divieto di espulsioni collettive), i giudici di Strasburgo notano che se si limitasse la sua applicazione alle migrazioni terrestri, si priverebbe di questa protezione “una parte importante dei fenomeni migratori contemporanei”.
 
Secondo la Corte poi, anche se la nozione di espulsione è legata al territorio nazionale, laddove uno Stato eserciti la sua giurisdizione, a titolo eccezionale, al di fuori del suo territorio, si può parlare di espulsione collettiva, tanto più che “la specificità del contesto marittimo non fa del mare una zona fuori dal diritto”.
Infine, i giudici hanno deciso che vi è stata violazione dell´articolo 13 della Convenzione (diritto a un ricorso effettivo) perché i migranti non hanno avuto accesso a una verifica attenta e rigorosa delle loro situazioni individuali prima dell´esecuzione della misura di allontanamento, dato che questo non era possibile a bordo di navi militari. La Corte ha ricordato anche che secondo diverse testimonianze raccolte da organizzazioni a difesa dei diritti umani, i militari italiani avrebbero fatto credere ai migranti di essere diretti in Italia – versione smentita dal governo di Roma. L´Italia è stata condannata dalla Corte a versare 15mila euro a ogni ricorrente per danno morale.


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