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Ma intanto fermiamo le persecuzioni

Nel mondo tre persone uccise su quattro per motivi religiosi sono cristiani. Nell’indifferenza dell’occidente e dei mezzi di comunicazione, la persecuzione religiosa è in crescita nel mondo e diventa un vero e proprio caso di sterminio. Secondo l’Osce, nel 2011 sarebbero state 105mila le vittime dell’odio anticristiano, una ogni cinque minuti. Secondo l’Unione europea, il numero totale di credenti discriminati è di circa 100 milioni di persone, 200 milioni secondo il Consiglio d’Europa. Secondo lo studio sulle “Restrizioni globali alla religione” preparato dal Pew forum di Washington, in 64 Paesi del mondo ci sono limiti alla libertà di religione, che condizionano la vita del 70% degli abitanti del pianeta. A gennaio si è levata di nuovo anche la voce di papa Benedetto XVI di fronte al corpo diplomatico internazionale per chiedere maggiori sforzi per porre fine a tale accanimento. Ma sarà difficile ottenere risultati positivi. Al contrario, la situazione pare invece tendere al peggioramento.
 
Da un lato infatti crescono i fondamentalismi, quello islamico ma anche quello indù (e in certe aree persino quello buddhista). Da un altro lato si irrigidiscono le strette di certi regimi. Poi c’è la crisi economica che inasprisce gli animi e le situazioni di crisi, dove il tema dello scontro religioso diventa spesso il richiamo-bandiera che copre conflitti politici, economici, tribali. Inoltre, anche la Primavera araba rischia di finire sotto la tutela dei fondamentalismi islamici, per cui occorre vigilare sul rispetto dei diritti fondamentali. In questo senso i riferimenti sempre più espliciti alla sharia come fonte di legge non sono un buon segno. In particolare la situazione desta preoccupazione in Egitto, per la presenza di una vasta comunità copta originaria che è stata bersaglio di numerosi attentati terroristici e di violenze di piazza.
 
C’è poi il capitolo Iraq, dove i cristiani si sono ridotti di numero e continuano ad essere oggetto di violenze più del resto della popolazione. In Pakistan la situazione è particolarmente delicata, per la legge sulla blasfemia che prevede pesanti condanne, fino alla morte, per chi offenda aspetti dell’islam: situazione aggravata dall’interpretazione molto estesa di questa accusa che spesso non deve essere nemmeno dimostrata. Ma anche nella più grande democrazia del mondo, l’India, la situazione per i cristiani è tutt’altro che buona, con un incremento spaventoso degli atti di violenza e di discriminazione: nel solo Karnataka nel 2011 si sarebbero verificati in media 3-5 attacchi anticristiani al giorno.
 
In Africa il caso della Nigeria sembra il più acuto, ma è soprattutto esemplare. L’espansione del fondamentalismo islamico nel nord del Paese ha portato a migliaia di morti negli ultimi anni, e in realtà si sovrappone ad altre diverse fratture: tribali, politiche, economiche. Questo mix esplosivo si ritrova anche in altri Paesi sub-sahariani, e sebbene l’aspetto religioso sia a volte il meno rilevante, è comunque quello che viene più sfruttato per alimentare l’odio e la propaganda e dare sfogo alle frustrazioni che si intendono strumentalizzare.
 
Poi ci sono i regimi comunisti che non allentano la loro morsa. In Corea del Nord è vietata ogni professione cristiana e da decenni si sono perse le tracce di decine di religiosi. Ma anche la Cina prosegue nella sua politica di repressione della Chiesa fedele al papa, di ordinazione di vescovi non concordati e di sparizione di prelati (Pechino spesso nega di saperne qualcosa).


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