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Senza parole. Basta la stupida austerità

Francesco Caprioli e Sandro Momigliano raccontano una storia che – lo dico io, non loro, interpretando i loro importanti risultati, sia chiaro – vale la pena trasformare in realtà per uscire da questa recessione e salvare l’euro. Più spesa pubblica, anche non per investimenti,ma semplicemente per acquisti di beni e servizi, ripaga a breve termine con la crescita di PIL, pari debito e minore rapporto debito-PIL.
 
Quanto segue è preso verbatim dalla sintesi del lavoro. Si spiega da solo, senza parole aggiuntive. Il grassetto è mio.
 
Un aumento della spesa pubblica per consumi finali pari all’1 per cento del prodotto del settore privato induce un significativo aumento delle entrate nette (calcolate come differenza tra le entrate e le spese, escludendo i consumi finali, gli interessi e le spese per investimenti).
 
Tale aumento persiste anche dopo il venir meno dello shock alla spesa, determinando il riassorbimento in 3 anni dell’aumento iniziale del debito.
 
Gli effetti sul prodotto del settore privato sono positivi e significativi per oltre 2 anni, con un picco pari a 0,45 punti percentuali nel quarto trimestre. Il moltiplicatore (ossia il rapporto tra gli effetti cumulati sul PIL e la maggiore spesa per consumi finali) raggiunge un valore massimo, pari a 2,7, dopo circa tre anni, per poi ridursi gradualmente.
Dinamiche analoghe si ottengono per le due principali componenti dei consumi finali: i redditi da lavoro e gli acquisti di beni e servizi; questi ultimi hanno un effetto maggiore sull’attività produttiva….
 
L’impatto sui prezzi è trascurabile, quello sui tassi di interesse è positivo. L’insieme dei risultati è robusto a varie specificazioni alternative del modello.
Restringendo l’analisi al periodo successivo al Trattato di Maastricht del 1992, il riassorbimento del debito è più rapido, i tassi d’interesse non aumentano e il moltiplicatore è più elevato.
 
Un aumento delle entrate nette pari all’1 per cento del prodotto ha un effetto depressivo sull’attività privata, che raggiunge 0,2 punti percentuali nel quarto trimestre. L’effetto è statisticamente significativo per circa un anno. Il moltiplicatore (ossia il rapporto tra gli effetti cumulati sul PIL e le maggiori entrate nette) è inferiore all’unità. Tali risultati sono meno robusti e stimati con minore precisione rispetto a quelli relativi a uno shock ai consumi finali.
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